In Egitto Patrick Zaki deve restare in carcere, prolungata di altri 45 giorni la custodia cautelare
03 giugno 2021, ore 08:00 , agg. alle 09:51
Lo ha deciso la Procura del Cairo nel corso dell'ultima udienza; alla mamma e alla sorella del giovane, oltre che ai diplomatici italiani, non è stato permesso di essere presenti in aula
Un caso senza fine. Potrebbe essere questo il titolo giusto per la vicenda di Patrick Zaki, lo studente 29enne dell'Università di Bologna, di origine egiziana, che è in carcere dal febbraio del 2020, con l'accusa di propaganda sovversiva su internet, arrestato, tra l'altro, in circostanze non chiarissime.
Zaki resta in carcere
Nell'ultima udienza della Procura del Cairo, svoltasi nelle scorse ore, è stato deciso che lo studente debba restare in prigione per altri 45 giorni. È stata prolungata, quindi, la custodia cautelare in carcere. Alla mamma del ragazzo, alla sorella e ai diplomatici italiani, non è stato permesso di partecipare all'udienza.
Prolungata la custodia
Il meccanismo della giustizia, in Egitto, prevede che la custodia cautelare possa durare due anni, ma anche, in casi particolari, prolungarsi ulteriormente, qualora emergano altre accuse. Dopo una prima fase di rinnovi quindicinali per l'emergenza legata al Coronavirus, ora la vicenda giudiziaria dello studente dell'Università di Bologna è entrata nella fase dei prolungamenti di 45 giorni, proprio come quello deciso dalla procura egiziana nelle scorse ore.
Accanimento giudiziario
Amnesty Italia, l'associazione per la difesa dei diritti umani, non ha dubbi e lo ha scritto su Twitter : quello in cui è stato coinvolto Patrick Zaki, la sua detenzione da mesi, è un vero e proprio accanimento giudiziario. Il 29enne egiziano è stato arrestato, nel 2020, con l'accusa di associazione sovversiva su internet, anche se le circostanze in cui è avvenuto il fermo non sono state affatto chiare. La famiglia non riesce ad incontrarlo da tempo e le sue condizioni di salute, fisiche e mentali, dopo una detenzione così lunga, a quanto sembra, non sarebbero, ovviamente, buone. Anche il lavoro della Farnesina, il nostro ministero degli Esteri, non ha portato a risolvere la questione, anzi, come abbiamo scritto sopra, i nostri diplomatici non sono stati ammessi a seguire l'udienza sull'ultimo prolungamento, così come i familiari del ragazzo.