19 novembre 2018, ore 11:00
Secondo i dati, quasi due terzi delle persone che lavorano part time in Italia lo fanno perché non riescono a trovare un'occupazione a tempo pieno
Quasi due terzi delle persone che lavorano part time in Italia lo fa perché non riesce a trovare un'occupazione a tempo pieno, mentre appena il 2,1% dà come spiegazione al tempo ridotto un impegno nello studio. Il dato, contenuto in una tabella Eurostat sulle ragioni per la scelta del part time in Europa, conferma la sostanziale mancanza nel mercato del lavoro italiano della figura dello studente lavoratore, ma anche dell'esistenza di una grande forza lavoro potenziale non utilizzata al di là del tasso di disoccupazione registrato. Nel 2017, in Italia, il 62,5% delle persone con un contratto part time tra i 15 e i 64 anni dava come ragione dell'orario ridotto la difficoltà di trovare un lavoro a tempo pieno, una percentuale in calo sul 2016 (64,3%), ma di molto superiore al 2008 (41,3%). Nel nostro Paese la percentuale è la più alta dopo la Grecia e Cipro, lontanissima dalla media Ue (26,4%), ma soprattutto dalla Germania (11,3%) e dal Regno Unito (14,6%), mentre in Francia è sfiduciato sulla possibilità di ottenere un impiego a tempo pieno il 43,1% dei lavoratori part time.
Il lavoro part time non sembra un'opzione frequente tra chi studia. Solo il 2,1% dei lavoratori part time ha dato come ragione dell'orario ridotto la partecipazione a un percorso educativo o di training, in aumento dal 2016 ma in forte calo dal 2008 (5,5%). Se si guarda poi alla fascia di età tradizionalmente impegnata nello studio ma potenzialmente impiegabile nel lavoro (15-29 anni) in Italia solo il 9,9% dei lavoratori part time dice di avere questo contratto per motivi di studio (57,5% in Germania, 75,4% in Danimarca) a fronte del 79% (top in Ue) che se lo tiene perché non riesce a trovare un lavoro a tempo pieno (10,4% in Germania, 29,7% nella media Ue). Tornando alla fascia tra i 15 e i 64 anni solo il 16% dà come motivazione del part time la cura dei figli o di altre persone (21,1% tra le donne).