Jean-Luc Godard, il pittore della luce
14 settembre 2022, ore 21:00
Artista libero e anarchico, complesso, semplice e rivoluzionario. Un autentico intellettuale delle immagini che ha fondato un nuovo linguaggio andando sempre oltre
"Tra il nulla e il dolore, io preferisco il dolore!" E’ questa una delle frasi più iconiche del suo primo film, Fino all’ultimo respiro, diventato col tempo un vero e proprio manifesto della Nouvelle Vague. Jean-Luc Godard, scomparso all’età di 91 anni, non sembrava più essere d’accordo con questa affermazione poiché, scegliendo la strada del suicidio assistito, è come se avesse preferito il nulla eterno della morte al dolore di continuare a vivere senza più una meta, o senza più quella sacra arte del cinema che lo ha sempre accompagnato. Lui, autore anarchico e ribelle, libero e fuori dagli schemi che, con la sua passione, ha più volte cambiato la storia del cinema, modificando i connotati a quel linguaggio filmico che spesso non condivideva e talvolta gli stava stretto.
GODARD E IL CINEMA, CROCE E DELIZIA
Godard è stato prima di tutto un estimatore del cinema e dei film che recensiva sulle pagine della rivista francese Cahiers du cinéma, fondata da Andrè Bazin. Si era interessato ad autori come Ingmar Bergman, Nicholas Ray e soprattutto Alfred Hitchcock, che grazie alla sua penna è riuscito ad imporsi anche sul territorio europeo.
Amava visceralmente la settima arte, anche se non risparmiava critiche feroci ad alcune pratiche che non condivideva. Per lui, infatti, il cinema non doveva essere solo uno strumento che anestetizzava la mente dello spettatore, come faceva una certa cinematografia americana, ma doveva essere un arma in grado di smuovere le coscienze e produrre riflessioni profonde. Rifiutava categoricamente il ruolo egemone dell’autore sull'opera filmica, quella nozione di regista come demiurgo assoluto era per Godard estremamente reazionaria. Proprio queste convinzioni così squisitamente fuori dagli schemi lo porteranno a fondare il “suo” Gruppo Dziga Vertov, un collettivo francese dove si creavano film totalmente anarchici e controcorrente
GODARD E LO STUDIO SULL’ARTE
Jean-Luc Godard è stato uno dei registi più prolifici della sua generazione, dirigendo una quantità incalcolabile di lungometraggi, cortometraggi e documentari. Sperimentatore, tradizionalista, alla moda e allo stesso tempo ribelle e fuori tempo. Ha attraversato molteplici generi, ha reso omaggio al cinema e all’arte in senso assoluto, rimanendo sempre fedele alle sue idee. Come non ricordare, per esempio, Histoire(s) du cinéma, considerata una delle opere più complesse e ambiziose dell'intera filmografia di Jean-Luc Godard. Parliamo di lavoro audiovisivo composto da quattro capitoli, ognuno dei quali suddiviso in due parti per un totale di otto episodi che spazia dal cinema alla letteratura, dalla pittura alla scienza e rappresenta, probabilmente, il punto più alto della riflessione che il maestro parigino non ha mai smesso di fare sulla propria attività di regista e soprattutto sul ruolo e sull'importanza del cinema.
Ma il suo amore profondo per l’arte passa anche per il suo film meno conosciuto del 1982 Passion dove più che un regista, Godard si è trasformato in un autentico pittore della luce. Infatti la pellicola, oltre ad essere deliziosamente meta testuale, è costruita da inquadrature che ricalcano dei tableaux vivants, perennemente in bilico tra cinematografia e arte figurativa classica.
Con la morte di Jean-Luc Godard perdiamo prima di tutto un intellettuale, che ha speso tutta la sua vita allo studio dell’arte in senso più assoluto del termine. Nessuno più di lui ha analizzato le immagini. Le ha omaggiate, amate, destrutturate, odiate e nobilitate. Perdiamo un autentico pittore della luce.