L’Immensita’, Crialese alle prese con il suo passato e il nostro presente
16 settembre 2022, ore 21:17
E’ uscito lo scorso 15 settembre nelle sale cinematografiche il nuovo film di Emanuele Crialese, che vede Penelope Cruz nel ruolo di coprotagonista
Dopo aver incantato la 79esima edizione della Mostra del cinema di Venezia incassando 12 minuti di applausi, il nuovo film di Emanuele Crialese arriva nelle sale cinematografiche, provando ad incantare anche il box office. Dopo 10 anni di assenza torna dietro la macchina da presa per scandagliare la sua infanzia e il suo percorso di crescita che l’ha portato da Emanuela a diventare Emanuele.
LA TRAMA DEL FILM
Roma, anni 70. Lo percepiamo dalle canzoni, dai varietà in bianco e nero che scandiscono la vita di questi personaggi, tre bambini alle prese con l’infanzia e la crescita, e un padre e una madre che sono intrappolati in un matrimonio ormai finito. Al centro c’è sicuramente Adriana che però rifiuta di essere tale, si sente inadeguata nel corpo di femmina e lotta per diventare Andrea, trovare il suo posto nel mondo e poter essere libero. E mentre i tempi non sono ancora maturi per accettare tutto questo, l’unico modo che Andrea ha per potersi sentire tale è attraverso lo sguardo dell’amore di Sara, un personaggio che abita oltre un canneto che divide il quartiere a metà.
CRESCERE IN UN CORPO SBAGLIATO
Crialese è finalmente libero di potersi raccontare in un film molto personale ma che riesce ad avere anche un afflato universale che riguarda tutti noi. Si mette in scena il passato, quello degli anni 70, ma la storia di Adriana che però vorrebbe essere Andrea potrebbe benissimo essere ambientata nei giorni nostri, in un paese che in fin dei conti continua ad essere vittima di un estremo bigottismo difficile da estirpare. Gli enormi palazzoni in costruzione che affiorano spesso sullo sfondo, oltre a definire il periodo storico della Roma dei palazzinari, sono anche l’emblema dell’identità della protagonista in perenne costruzione. Adriana vive in un corpo che non gli appartiene, si muove in un epoca che non la merita e lotta per poter essere accettata non per quello che appare, ma per quel che si sente di essere. “E’ più importante quel che abbiamo dentro o quel che abbiamo fuori”, questa una delle frasi più belle dell’intera pellicola, su cui si poggia tutto il senso finale della narrazione.
I 400 COLPI DI CRIALESE
L’immensità è piacevole e si lascia guardare con incanto ed innocenza, quella stessa innocenza che caratterizza i bambini e che li rende liberi. La narrazione procede per eventi, con un ritmo quasi rapsodico che ricorda le pagine di un diario scomposto, un collage di situazioni e sensazioni. Penelope Cruz incarna nuovamente il ruolo materno dopo l’esperienza dello scorso anno con il suo autore per eccellenza Pedro Almodovar nel film Madre Paralelas, ma stavolta è una donna più moderna e colorata che, nella grigia cornice dell’Italia del tempo, appare come un bagliore di luce e di speranza. Il tocco di Crialese è poetico e preciso, e riesce nell’impresa di creare un equilibrio quasi perfetto tra dramma e leggerezza. In un molte sequenze sembra addirittura di respirare quel clima tipico della pellicola di Francois Truffaut “I 400 colpi”, dove nonostante il dramma palpabile che i due protagonisti si trovano a vivere, anche se di matrice diametralmente opposta, non smettono di avere fiducia nei confronti della vita. In modo quasi speculare all’opera di Truffaut, Adriana/Andrea, alla fine del film di Crialese, lancia un'occhiata alla macchina da presa dove sorride, nonostante tutte le difficoltà si congeda dal pubblico con un sorriso che ci restituisce speranza. Quella speranza di non limitarsi a giudicare la nostra condizione solo dalla piccola quotidianità che viviamo tutti i giorni, ma di alzare gli occhi al cielo, come Andrea più volte fa nel film, quasi a ribadire quanto siamo piccoli al cospetto dell’immensità dell’universo che ci circonda.