L'Italia ha ancora un Ct?
02 luglio 2015, ore 09:38 , agg. alle 21:55
Antonio Conte sembra lontano, quasi prigioniero del contratto e della parola data
Antonio Conte sta cercando in tutti i modi di arrivare in fretta alla parola 'fine' della vicenda giudiziaria, che lo vede coinvolto. Chiederà ai magistrati di Cremona di essere giudicato al più presto possibile, per quell'assoluzione, che considera scontata. Di più: doverosa, per garantire il suo onore personale e l'onorabilità di una carriera. I tempi, infatti, sono importanti per tutti i cittadini (conosciamo la Giustizia italiana), ma decisivi per un Ct, che dovrebbe preparare un Campionato d'Europa.
Il Ct chiederà il rito abbreviato, dopo l'ormai scontata richiesta di rinvio a giudizio, che gli pioverà dalla Procura della Repubblica di Cremona. Conte vuole far presto, non sopporta l'ombra, che lo raggiunse ormai quattro anni fa, con la vicenda della presunta combine al Siena, a cui non avrebbe mai partecipato, evitando però di intervenire. Quell'omessa denuncia', che già gli costò quattro mesi di squalifica sportiva e un'arrabbiatura colossale, una furia mai veramente sopita.
La scelta gli farebbe onore - siamo pieni di personaggi che attendono quietamente la prescrizione - ma potrebbe non bastare. Il rito abbreviato, con tutti i rischi che comporta per la difesa, non è scontato e da Cremona per ora tutto tace. In caso alternativo, i tempi del processo rischierebbero di allungarsi oltre l'Europeo del 2016. Come si può lavorare, in queste condizioni?
Conte, nelle ultime uscite azzurre, è già apparso molto (troppo) diverso dall'inizio della sua avventura, alla guida dell'Italia. Contatti con i giornalisti ridotti al minimo contrattuale, dopo gli esordi all'insegna della 'politica del sorriso'. Un'aria di sofferenza intima, di crescente difficoltà a essere quello di sempre, il leone della panchina della rinascita juventina.
Il problema non sono i risultati - l'Italia di oggi è una delle più modeste di sempre e non certo per colpa del Ct - ma proprio lui.
Antonio Conte è un marchio di fabbrica, fatto di grinta, forza di volontà, dedizione al lavoro, alla fatica e al raggiungimento degli obiettivi. Il Ct di questi mesi è un altro, appare prigioniero della parola data alla Federcalcio e ai tifosi. Dice quello che deve dire e fa quello che deve fare, ma bisogna dirselo con la massima onestà: Conte, per essere Conte, deve fare Conte.
Liberarlo da un fardello potrebbe essere l'opzione più giusta, per lui e per l'Italia.