L’italoiraniana sul palco del Festival di Sanremo, grazie perchè ricordate che la musica è un diritto umano

L’italoiraniana sul palco del Festival di Sanremo, grazie perchè ricordate che la musica è un diritto umano

L’italoiraniana sul palco del Festival di Sanremo, grazie perchè ricordate che la musica è un diritto umano Photo Credit: Fotogramma.it


Con Pegah e Drusilla Foer all’Ariston arriva l’eco delle proteste in Iran. A Sanremo irrompono i diritti negati in Iran, grazie alla testimonianza di forte impatto della consulente e attivista Pegah, italiana di origini iraniane

C'è un posto nel mondo dove non si può cantare: così Amadeus ha lanciato l'intervento Pegah, una ragazza italoiraniana attivista dei diritti umani. “Grazie perchè ricordate che la musica è un diritto umano”, ha detto Pegah che con Drusilla Foer ha letto il testo usato nelle recenti manifestazioni contro il regime in Iran che parla dei tanti diritti negati nel paese e finisce con il celebre slogan "donne, vita, libertà".

PEGAH E DRUSILLA FOER NELLA CANZONE PER L'IRAN

Drusilla Foer accompagna l'italo-iraniana Pegah per un messaggio di pace con la canzone Baraye, simbolo della protesta dell'Iran, diventata un coro da stadio che ha appena vinto il Grammy. Pegah ricorda l'uccisione di Mahsa Amini, colpevole di un velo fuori posto. "In Iran - spiega Pegah - non avrei potuto presentarmi così vestita e truccata, ne' parlare di diritti umani sul palco, sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa, è per questo che, come molti altri ragazze e ragazzi, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione crescita sotto un regime di terrore e repressione, in un paese bellissimo, uno scrigno di patrimoni dell'umanità".

IL TESTO

"Per ballare per strada si rischiano 10 anni di prigione, è proibito baciarsi, tenersi mano nella mano, esprimere la propria femminilità, più di 20 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, ci sono bambini che perdono il sole e chiedono l'elemosina, cani innocenti uccisi per strada, in carcere ci sono 18 mila intellettuali e prigionieri politici, e poi rifugiati afghani, perseguitati". Il commovente brano-preghiera si chiude con le parole chiave della rivoluzione, "donna, vita libertà". "Libertà", scandiscono insieme Pegah e Drusilla tra gli applausi.


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