Daniele De Rossi, le 'cose di campo' che fanno molto male
Daniele De Rossi, le 'cose di campo' che fanno molto male
25 gennaio 2016, ore 09:52 , agg. alle 11:05
Dopo Sarri, tocca al campione della Roma essere difeso con l'invocazione (implicita) all'omertà
A differenza di Maurizio Sarri, che almeno si è dovuto autodifendere dal diluvio di critiche, che lo ha investito, Daniele De Rossi non è stato neppure chiamato a questa fatica: è tutto un coro (juventini esclusi, ovvio...) al suono di: "lasciate perdere, sono cose sempre accadute, sono 'cose di campo'".
Meno di una settimana, dunque, e ci risiamo: davanti all'indifendibile, il mondo del calcio si rifugia al calduccio della giustificazione buona per tutte le stagioni e per tutte le schifezze. Le leggendarie 'cose di campo'.
Come se il terreno di gioco della Serie A, della Champions League o dei Mondiali potesse essere assimilato all'ultimo campo di periferia, come se i protagonisti del calcio-business potessero spogliarsi di qualsiasi obbligo e dovere, giustificabili sempre. Incolpevoli, a prescindere.
Dei 'minus habens', in sostanza, in fondo troppo immaturi e sconvolti dal pathos della partita, per poter misurare se stessi e le proprie parole. Peccato che i 'minus habens' si trasformino in leccatissimi uomini immagine, appena sentano odor di fama e quattrini.
La verità, molto triste, è che la 'cose di campo' sono da sempre un paravento per la malattia cronica del calcio: l'omertà. Puoi fare tutto, dire tutto, a patto che te la risolva nel mitico 'tunnel degli spogliatoi'.
Che poi, nel pallone di oggi, non ci sia più un centimetro quadrato al riparo da microfoni e telecamere, è solo un fastidio, un'invasione di campo, nel sancta sanctorum dei super-machi pallonari.
Dite che i suddetti siano milionari, proprio grazie a quelle telecamere e microfoni?! Evidentemente, siamo in presenza di un insignificante dettaglio.
Facciamoci allegramente del male. Sono 'cose di campo'.