La sfida di Prigozhin a Putin, prima la minaccia di arrivare a Mosca, poi si ferma a 200 km dalla capitale russa
La sfida di Prigozhin a Putin, prima la minaccia di arrivare a Mosca, poi si ferma a 200 km dalla capitale russa Photo Credit: foto agenzia fotogramma.it
24 giugno 2023, ore 21:39 , agg. alle 22:07
Evitiamo un bagno di sangue, ha detto il un video il comandante della brigata Wagner dopo la decisione di tornare in Ucraina, grazie alla mediazione di Lukashenko
La marcia su Mosca di Yevgeny Prigozhin si interrompe a 200 chilometri dal traguardo. Il capo della Wagner ha posto fine alla sua ultima minaccia, quella appunto di arrivare nella capitale russa, sfidando apertamente il presidente Vladimir Putin con le sue milizie che nella notte hanno occupato la città di Rostov sul Don, poi puntato su Mosca. La svolta in serata quando, grazie ad una lunga mediazione del presidente bielorusso Lukashenko ha posto fine alla sfida, ottenuto garanzie per i suoi soldati e ripiegato verso l’Ucraina. Mosca dal canto suo non perseguirà penalmente i militanti della Wagner, mentre il loro leader, Prigozhin andrà in Bielorussia. così ha annunciato in serata il Cremlino
Una giornata drammatica
Le ultime 24 ore sono state le più drammatiche per la popolazione di Rostov e quella di Mosca e dell’intera Russia, per la paura di una sempre più imminente guerra civile. Ma anche per il mondo, è stata una giornata drammatica in cui il Paese è sembrato poter precipitare in una guerra civile. In mattinata il presidente russo Putin, in un discorso aveva definito l'azione di Prigozhin una "pugnalata alle spalle" alle truppe che combattono in Ucraina. Ma non solo. I servizi d'intelligence lo accusavano di avere iniziato un "conflitto civile armato". La vera motivazione di questa prova di forza non è nota. Lo stesso Prigozhin non ha chiarito il perché ha deciso di compiere una marcia su Mosca. Gli osservatori hanno parlato di resa dei conti a Mosca, in cui il capo della milizia Wagner sarebbe solo una pedina.
Le accuse di Prigozhin
Tutto è cominciato 24 ore fa, quando il capo della milizia che combatte per i russi in ucraina ha accusato Mosca di avere bombardato le postazioni dei suoi uomini. Quindi la decisione di lasciare l’Ucraina e in mattinata la notizia della presa della città di Rostov sul Don, la località più importante centro a ridosso del confine ucraino. Un’azione portata a termine senza sparare un colpo. Nel corso delle ore la situazione si è fatta sempre più drammatica con le truppe che avanzavano verso la capitale senza nessun impedimento. Circa 20.000 uomini in marcai verso Mosca. Poi il colpo di scena. L’annuncio della mediazione di Lukashenko e il video di Prigozhin che annunciava di tornare sui suoi passi.
Il negoziato
Si è trattato di un duro negoziato, ha detto il presidente bielorusso Alexander Lukashenko "durato tutto il giorno e in accordo con Putin" durante il quale al capo di Wagner sarebbero state fornite "garanzie assolutamente vantaggiose e accettabili" in cambio del ritiro dei suoi uomini. Con lo stesso Prigozhin che in un video annuncia il dietrofront e il rientro dei miliziani nei loro campi base nel sud del Paese. In chiusura ecco il presidente Putin, che ha ringraziato Lukashenko per la mediazione e "per il lavoro svolto".