Leo Pari, Spazio è il suono della mia infanzia
04 maggio 2016, ore 18:41 , agg. alle 10:54
Il cantautore romano torna con un nuovo album dal titolo "Spazio", dove abbraccia un pop di qualità che richiama Lucio Battisti, gli anni '80, ma con un suono estremamente attuale.
Aperto dal singolo Bacia Brucia Ama Usa, un trionfo di synth anni '80 ed echi battistiani che si incolla in testa, "Spazio" è il nuovo album di Leo Pari, un sognante concept orgogliosamente pop.
Negli ultimi due album, "Rèsina" e "Sirèna" (pubblicati rispettivamente nel 2012 e nel 2013 Ndr) ti eri espresso principalmente attraverso un suono folk, in “Spazio”, invece, c'è tanta elettronica. Come mai questo cambio?
Volevo cambiare, semplicemente avevo voglia di fare qualcosa di diverso. L’utilizzo dei sintetizzatori è solo legato al fatto che c'era intenzione di fare un disco che fosse autobiografico, che parlasse della mia infanzia, ma che parlasse di quel periodo attraverso i suoni più che i testi, in questo caso molto pop, generali, universali. Il sound del disco è molto legato, invece, a quello che sentivo da ragazzino: le colonne sonore di film di fantascienza, cartoni giapponesi, ad esempio mi vengono in mente La Storia Infinita, Labyrinth, Star Trek o Star Wars. Il ritorno all’infanzia c'è un po' in tutti i cantautori, penso a Venditti, a Baglioni, a un pezzo come Mesopotamia di Battiato, è un tòpos abbastanza diffuso. Quello dell'infanzia è un periodo particolare, in cui ci si forma, ed in quanto lontano ha sempre qualcosa di romantico, quindi prima o poi ci si arriva, anche se nell’album, in verità, non c’è nemmeno un testo che parli realmente dell'argomento, forse solo Ave Maria che ricorda quando andavo a scuola dalle suore e dai preti.
Nel brano I Cantautori parli della categoria come di “depuratori della società” in contrapposizione ai giornalisti…
Il cantautore, o comunque l’artista in generale, in quella canzone è visto come un po’ più puro, mentre il giornalista deve fare notizia, ricerca sempre qualcosa. Ultimamente credo che nell’arte stia succedendo che, per essere riconoscibili, gli artisti stiano cercando di diventare delle caricature di se stessi, portando allo stremo una loro caratteristica per essere riconoscibili all’interno del marasma. Non credo che tutti siano “one way” nella vita, credo che ogni artista abbia diverse velleità di vario tipo, di conseguenza il cantautore, secondo me, dovrebbe farsi un po’ carico di percepire nell'aria alcune intuizioni, alcune emozioni, come un’antenna, elaborarle e scrivere restituendo quella sensazione ormai microfiltrata e depurata. I cantautori prendono a volte quello che c’è di più sporco, di più triste, di più mesto, e lo rendono una canzone che piace, che fa sognare o commuovere.
Come si è sviluppato il processo di scrittura dei brani?
Ci sono tanti suoni ma tutto è nato dalla canzone vera e propria, non dalla produzione. Ho prodotto il disco con il mio fonico e produttore Sante Rutigliano e all'inizio gli ho fatto sentire questo materiale grezzo che già avevo, qualcosa come 35-40 canzoni, le abbiamo ascoltate tutte e io avevo già in mente questo tipo di suono. Non volevo usare chitarra acustica, ma cercavo un disco che avesse queste atmosfere leggermente diffuse e psichedeliche, quasi dream-pop. Abbiamo scelto le canzoni che ci permettessero di lavorare in questa direzione, selezionando quindi canzoni con accordi molto semplici e anche con tematiche di testo che fossero in qualche modo omogenee. Poi dopo, ovviamente ho aggiustato tutto, mentre costruivamo un vestito a queste canzoni, limando qua e là. "Spazio" sembra quasi un concept e le canzoni, pur essendo nate in maniera molto classica, hanno un sound coerente tra di loro, un vero album. Per la gran parte, comunque, sono state composte inizialmente al piano, infatti dal vivo mi sto esibendo quasi sempre al piano.
La scena pop romana degli ultimi anni è particolarmente felice, come te lo spieghi?
Questo periodo sta vincendo! Sai, secondo me le energie si catalizzano anche in determinati posti, ci si influenza, si lavora insieme. Ad esempio sto frequentando molto Tommaso Paradiso dei Thegiornalisti, ci piace suonare tantissimo insieme e certe energie si trasmettono. Salire con loro sul palco del concertone del Primo Maggio, a maggiore ragione perché sono romano, è stata bella esperienza. Poi non bisogna per forza vivere nella stessa città, pensa a Brunori con Dente. Roma sulla canzone in questo momento se la cava molto bene, ognuno con le proprie peculiarità, ma è un momento di punta, e guai a considerare il termine POP come negativo, ci tengo molto.
Parlando di collaborazioni, in passato hai lavorato con gente come Simone Cristicchi (è tra gli autori della hit Vorrei cantare come Biago Antonacci Ndr) ci sono altri artisti con cui ti piacerebbe collaborare?
Sto bene così, per me le canzoni sono molto importanti quindi sentirle nella bocca sbagliata mi farebbe soffrire, però parlando di sogni, certo, ci sono artisti, parlo di big, con cui mi piacerebbe collaborare: ad esempio Battiato o De Gregori, però è impossibile perché non accetterebbe mai una canzone di un altro, anche se negli ultimi anni si è un attimino ammorbidito. Non so se avrei voglia, invece, di avere un mio brano cantato da qualche divo dei talent, anche se sicuramente a livello economico aiuterebbe non è proprio la mia ambizione in questo momento.
Infine concludo con la più gettonata tra le domande finali: progetti futuri?
Per ora porto in tour “Spazio” questa estate e anche il prossimo autunno, soprattutto nei club, e poi con i Lato B, ( band di rivisitazione del repertorio di Battisti che vede anche Gianluca De Rubertis de Il Genio, Dario Ciffo, già con Afterhours e Lombroso, e Lino Gitto, già Dellera e Green Like July Ndr) sto progettando di portare nei teatri una versione riarrangiata di “Anima Latina”. Sono sempre stato in fissa per Battisti, forse l’unico in Italia che mi piace davvero e che mi è rimasto dentro sin da ragazzino.