Levante, La mia musica non è per pochi
Levante: "La mia musica non è per pochi"
08 giugno 2015, ore 11:09 , agg. alle 12:52
È partito sabato scorso dal palco del <a href="http://www.rtl.it/notizie/articoli/inizia-domani-l-edizione-2015-del-miami-festival/" rel="nofollow">MI AMI Festival</a> il tour di “Abbi cura di te”, nuovo lavoro dell’artista siciliana
Parliamo di “Abbi Cura di Te”, album bello sia nei contenuti che come oggetto, con un progetto grafico ben studiato. Già dalla copertina si capiscono le intenzioni del disco.
Sì, la fase creativa è tutta mia, l’idea di questa immagine simbolica ma a prova di bimbo: io che pugnalo il cervello e salvo il cuore; è tutto il concetto del disco, salvare i buoni sentimenti. È un fil rouge che attraversa tutte le 12 tracce nelle quali parlo di ricerca di felicità, di serenità, di amore. Mai avrai pensato nella mia vita di scrivere un disco così felice, è una strana svolta. Sono passata dalla ‘vita di merda’ di Alfonso a qualcosa di molto più felice, ma è anche più vero così. Sarei stata un’ipocrita se avessi continuato a cantare quella vita perché, soprattutto dal punto di vista personale, intimo, di relazioni, è migliorata tantissimo, e poi sicuramente anche la musica ha fatto un salto grande, è cambiata molto. L’ultima volta che sono stata a RTL 102.5 con il Trio mi han fatto fare il cappuccino, perché io facevo la barista e mi sono pagata il primo disco facendo cappuccini e caffè e questa è la differenza tra questo disco e “Manuale Distruzione”. “Abbi Cura Di Te “ ha più persone attorno a sé, ha più produzione, più cura negli arrangiamenti, nelle voci che sono state prodotte in modo molto puntiglioso.
Il tuo tocco si vede anche nelle piccole cose come la dichiarazione di “fai da te”. Fa sorridere che nei crediti dell’album alla voce “Hair & Make Up” ci sia scritto Claudia Lagona, che sei tu.
Perché ho capito, soprattutto secondo quel punto di vista, che sono più brava perché mi conosco di più. Ci sono delle bravissime make up artist, però mi trasformano in qualcuno che non sono più io, quindi preferisco fare degli errori di trucco ma mostrare il mio volto.
Però la tua immagine è cambiata rispetto al passato.
È tutto molto etereo, il bianco mi piace molto e mi dà una grande serenità, ho sempre avuto una passione per i muri bianchi. Io sono il disordine fatto persona e in quest’ultimo periodo ho cercato l’ordine, anche mentale, quindi tramite queste immagini si vede l’equilibrio. Quella della copertina è la mia stanza mentale dove salvo il cuore e pugnalo il cervello, anche i trofei che si vedono in sono proprio miei, sono in casa mia, li ho portati allo shooting proprio per ricreare la mia stanza.
Oltre che nella grafica “Abbi cura di te”, sia nel titolo che nei testi si spiega abbastanza bene da sé. Ci sono però i cinici che hanno difficoltà a seguire il consiglio di aver cura di se stessi.
“Cinici che altro non sono che codardi nella vita”, però arriva un momento di saturazione in cui decidi di prenderti cura di te stesso, perché tocchi così il fondo nel non essere felice che è la decisione più ovvia. Io riesco ad avere cura di me rispettandomi un po’ di più, sono una persona molto istintiva e nervosa, l’aver cura di me prevede il mio controllare quel nervosismo per non fare delle stupidaggini ed essere più diplomatici, per certi aspetti. Che non è uccidere l’istinto, ma saperlo veicolare nel modo corretto. Forse sto semplicemente crescendo.
Sei appena partita con il nuovo tour, accompagnata da una nuova band, che resa live avranno le canzoni di “Abbi Cura Di Te”, viste le sonorità più elettroniche?
In realtà, come spesso accade durante i live, il disco diventa un po’ più rock, per forza di cose, anche per riempire certi suoni. Non useremo mai sequenze, sarà tutto live, c’è una grinta particolare, c’è tantissimo rock, nonostante io faccia pop e sia fierissima di farlo. La formazione è cambiata, non ci sono più i miei compagni a parte Alessio Sanfilippo alla batteria, non c’è più Alberto Bianco che però è mio fratello e ha prodotto il disco. Alla chitarra c’è Gionata Mirai de Il Teatro degli Orrori, alle tastiere Matteo Curallo, al basso Mattia Bonifacino, e sono i miei nuovi compagni di viaggio. Non mi affeziono troppo perché poi vanno via, però questa cosa la vivo bene perché sono molto socievole, lego con tutti, difficilmente le persone non mi piacciono perché mi vado a prendere la parte più profonda della gente, anche con i più duri mi piace andare a smuoverli e dimostrare che in loro c’è una parte dolce. Essendo comunque un progetto solista, perché sono da sola, scrivo e musico da sola, so affrontare gli arrivederci, perché sono dei turnisti, è normale. Poi io mi auguro che la gente resti sempre con me però, ad esempio, Gionata andrà a suonare ovviamente con il Teatro. Però è bello, vuol dire anche toccare più persone, lavorare con più gente, imparare tante cose. È sempre una nuova esperienza, se l’avessi fatta col gruppo dell’anno scorso, ci sarebbe stata sicuramente stata una familiarità diversa, però ora è tutto nuovo, per quanto il tour veda poi il solito iter: furgone – palco – live.
E poi avresti già stracciato tutti a biliardino (attività per la quale Levante dimostra avere una insospettabile passione che la porta ad essere decisamente competitiva Ndr)
Esatto! Invece ho scoperto che Matteo Curallo, il tastierista, è bravissimo.
Un’altra esperienza è stata il tuo viaggio negli Stati Uniti per suonare su diversi palchi, incluso quello del famoso festival South By Southwest, in Texas.
La mia fortuna è stata quella di essere già stata in America, e quindi di tornare e riuscire a controllare l’emozione di essere in un continente come quello, il Texas è l’America vera, e potermi concentrarmi su tutto quella che era la parte dell’approccio alla musica, mia e degli altri. Perché lì poi sono dei mostri, salgono sul palco, line check, e ti spaccano in due. C’è un’altra cultura, i ragazzini già da piccolissimi suonano nelle garage band e diventano poi dei fenomeni. Però è stato bellissimo, perché un festival come il South By Southwest di Austin è molto selettivo e vedi davvero delle band super preparate. La cosa bellissima è stato suonare a Los Angeles e New York, mi chiedevo se ci fosse stato qualcuno, invece è stato fantastico. A Los Angeles era una situazione piccola, il Gengis Cohen, un ristorante cinese dove appena entrato giravi a destra e, dietro una porticina, c’era un teatrino piccolo, buio, con delle panche da chiesa, bellissimo, quelle cose che qua non vedi. La cosa forte è che l’americano è attratto dall’italiano, nonostante cantassi in italiano erano lì attenti ad ascoltare, tutti felici ed entusiasti, qualcuno mi ha detto che per loro siamo molto esotici. New York bomba, pieno di gente che urlava il ritornello di Alfonso, ma c’erano molti italiani sia lì che a Los Angeles, siamo ovunque.
Ultima domanda: Levante e i social, tu li usi tanto. Su Facebook scrivi tanto, racconti, non corri il rischio di disperdere idee “utili” per le canzoni?
Rassegniamoci al fatto che i social fanno parte della nostra vita. È sicuramente la cosa meno reale della nostra vita, ma è comunque realtà, e io sono presente. Instagram per un fattore di immagine, perché io amo il bello e quando lo vedo, lo colgo e lo mostro, Facebook perché è proprio il mio diario. I messaggi che scrivo su Facebook sono molto chiari e parlano molto della mia musica. Quando parlo del palloncino che lascio volare sto parlando di me, non mi avrete mai, non mi tarperete mai le ali. Questi racconti hanno delle parabole che sono legate alla mia musica, ad esempio in quello del limone che ho postato ultimamente , alla fine dico: Non ho pazienza. Dopo la semina vorrei subito il raccolto. Ed è proprio la metafora di questo mio momento. Io vorrei subito vedere quello che merito veramente, invece no, però sto seminando, è ancora un momento di semina. Sogno i palazzetti, ma anche gli stadi, come tutti. Io sono nata con la spazzola in mano mentre mi guardo allo specchio e canto, cantavo qualsiasi cosa, inventavo anche canzoni. Da piccola mi mettevano in mezzo e dicevano “Claudia, cantaci qualcosa!” , poi sai come siamo noi meridionali… sono stata sempre abituata a mettere in moto la mia creatività. Ho iniziato a scrivere a 10-11 anni, suonavo, ho sempre cantato qualcosa di quello che mi toccava e ho sempre sognato grandi folle. Questo non vuol dire vendersi a qualcosa, vuol dire essere se stessi e arrivare a tanti, e io me lo auguro. Io non sono per pochi, sono per tanti.