Made in Italy, il peperoncino è in crisi, dall’estero arriva a prezzi stracciati
31 gennaio 2021, ore 13:00
agg. 01 febbraio 2021, ore 14:59
Grido di allarme degli agricoltori italiani, il nostro prodotto va tutelato e valorizzato
Simbolo gastronomico immancabile sulle tavole italiane e base di decine e decine di ricette della nostra tradizione. Ora il peperoncino “Made in Italy” è sotto attacco, schiacciato dalle importazioni a prezzi stracciati e di bassa qualità provenienti dai mercati che si trovano fuori dall’Unione Europea. Un grave danno per un prodotto che, invece, andrebbe salvaguardato. Tutta colpa di Cina, Turchia ed Egitto che con la loro produzione di peperoncino invadono il mercato interno con 2 mila tonnellate extra ogni anno. A lanciare l'allarme è Cia-Agricoltori Italiani, una delle maggiori organizzazioni di categoria d’Europa. Un vero proprio grido d’allarme, perché il prodotto nostrano per competere con l’import attuale necessita di una filiera innovativa e integrata. Il comparto ha bisogno di valorizzazione e tutele per svilupparsi e competere in un mercato con poche garanzie igienico-sanitarie e prodotti di, come detto, qualità esigua. La coltivazione del peperoncino per essere incentivata ha bisogno di un cambio di rotta. E il problema è legato ai prezzi che non sono concorrenziali. In Italia, da 10 chilogrammi di peperoncino fresco si ottiene 1 chilogrammo di prodotto essiccato, macinato in polvere pura al 100% e commerciabile a 15 euro. Un prodotto analogo, prodotto in Cina, costa appena 3 euro. Il motivo è semplice. La trasformazione del prodotto viene fatta in modo grossolano, la piantina viene interamente triturata, compresi picciolo, foglie e radici.
La qualità del peperoncino italiano non si discute
Nel nostro Paese, sul costo finale del peperoncino, incide anche la manodopera molto costosa e le procedure di trasformazione, altamente professionali, compresi macchinari per l'ozono per una perfetta essiccazione. Cia- Agricoltori italiani chiede espressamente, per tutelare il nostro prodotto, la creazione di denominazioni di origine territoriale. Per garantire il consumatore servono garanzie qualità e tracciabilità. L'obiettivo degli agricoltori è quello di aumentare la coltivazione estensiva, localizzata oggi soprattutto in Calabria, Basilicata, Campania, Lazio e Abruzzo. L’importazione del peperoncino è comunque necessaria, perché la quantità di prodotto italiano, soddisfa solo il 30% del fabbisogno nazionale. Grande richiesta dei consumatori, dunque, a fronte di una scarsa produzione che determina la sudditanza da mercati extra-Ue, questo non vuol dire, comunque, che a questa importazione selvaggia non possa essere posto un freno o una regolamentazione.