Marc Marquez provoca e...ci casca!
26 ottobre 2015, ore 09:23 , agg. alle 14:46
La storia dei Gran Premi è anche la storia di duelli
C'è un mondo nel fattaccio di Sepang: lo spirito dei motori, la passionaccia per la velocità, l'ansia di vincere sempre, ma anche l'antipatia umana e i troppi galli nel pollaio. Non si può analizzare il contatto Rossi-Marquez, come un rigore dato o non dato. La moviola non basta, se si vuole capire veramente il dramma sportivo, andato in scena in Malesia.
La storia dei motori è piena zeppa di duelli rusticani, simil-risse e agguati sportivi. Valentino e Marquez arrivano buoni (o cattivi?!) ultimi, dopo una discreta parte dei più grandi interpreti delle due e quattro ruote.
Questa considerazione non li assolve e non rende meno amaro quanto accaduto ieri, ma ci deve aiutare a capire. I grandi campioni del Motorsport sono quasi sempre dei cannibali, veri predatori delle piste. Non vedono e vogliono altro che la vittoria. Si riconoscono e annusano fra di loro: non c’è spazio per più di uno e tendono a eliminarsi. Psicologicamente, si intende, ma ogni tanto il contatto fisico diventa inevitabile.
Valentino ha distrutto un numero incredibile di avversari, nella sua lunghissima carriera. Chi lottava con lui dieci anni fa, oggi è un sereno pensionato delle due ruote, mentre Rossi continua a difendere il suo regno. Il suo territorio.
Marquez è palesemente un predestinato, un fenomeno assoluto, con gli anni e la cattiveria giusti per dare l’assalto ai record del Dottore. Questo, Valentino lo ha percepito da tempo: d’istinto non può amare l’usurpatore e, in più, quest’ultimo non mostra alcun rispetto per il grande predecessore.
Marc è sfrontato al limite dell’antipatia, non ha nulla dell’esplosiva e guascona goliardia del Valentino dei primi tempi e per Rossi deve risultare inconcepibile il modo di vivere le corse del giovanissimo fenomeno spagnolo.
C’è tutto questo, dietro la sfida a colpi proibiti di ieri, a Sepang. C’è tutto questo dietro il faccia a faccia da far west, in una curva che può aver deciso il Mondiale 2015. Non possiamo limitarci a sottolineare l’evidente antisportività di Rossi e il comportamento ‘sporco’ di Marquez.
Per capire lo scontro di ieri, bisogna tornare indietro nel tempo: da quando un uomo si lanciò su uno sterrato, cavalcando le prime auto da corsa, i piloti non hanno voluto altro che la strada libera davanti a sè. Uomini e mezzi sono solo ostacoli, fra loro e l’adrenalina suprema della vittoria.
Valentino ha sbagliato, personalmente non ho il minimo dubbio. Ma il comportamento più subdolo e sportivamente amaro resta quello di Marquez.
Il predatore-Rossi ha sentito l’odore della battaglia e della provocazione e ha colpito. Marc lo sapeva, probabilmente lo ha cercato. Dentro quei caschi, ieri, c’erano loro, ma anche Nuvolari, Fangio, Surtees, Agostini, Prost, Senna, Schumacher…non dimentichiamo mai che la storia dei Motori è essenzialmente una storia di uomini.
Di cannibali.
Questa considerazione non li assolve e non rende meno amaro quanto accaduto ieri, ma ci deve aiutare a capire. I grandi campioni del Motorsport sono quasi sempre dei cannibali, veri predatori delle piste. Non vedono e vogliono altro che la vittoria. Si riconoscono e annusano fra di loro: non c’è spazio per più di uno e tendono a eliminarsi. Psicologicamente, si intende, ma ogni tanto il contatto fisico diventa inevitabile.
Valentino ha distrutto un numero incredibile di avversari, nella sua lunghissima carriera. Chi lottava con lui dieci anni fa, oggi è un sereno pensionato delle due ruote, mentre Rossi continua a difendere il suo regno. Il suo territorio.
Marquez è palesemente un predestinato, un fenomeno assoluto, con gli anni e la cattiveria giusti per dare l’assalto ai record del Dottore. Questo, Valentino lo ha percepito da tempo: d’istinto non può amare l’usurpatore e, in più, quest’ultimo non mostra alcun rispetto per il grande predecessore.
Marc è sfrontato al limite dell’antipatia, non ha nulla dell’esplosiva e guascona goliardia del Valentino dei primi tempi e per Rossi deve risultare inconcepibile il modo di vivere le corse del giovanissimo fenomeno spagnolo.
C’è tutto questo, dietro la sfida a colpi proibiti di ieri, a Sepang. C’è tutto questo dietro il faccia a faccia da far west, in una curva che può aver deciso il Mondiale 2015. Non possiamo limitarci a sottolineare l’evidente antisportività di Rossi e il comportamento ‘sporco’ di Marquez.
Per capire lo scontro di ieri, bisogna tornare indietro nel tempo: da quando un uomo si lanciò su uno sterrato, cavalcando le prime auto da corsa, i piloti non hanno voluto altro che la strada libera davanti a sè. Uomini e mezzi sono solo ostacoli, fra loro e l’adrenalina suprema della vittoria.
Valentino ha sbagliato, personalmente non ho il minimo dubbio. Ma il comportamento più subdolo e sportivamente amaro resta quello di Marquez.
Il predatore-Rossi ha sentito l’odore della battaglia e della provocazione e ha colpito. Marc lo sapeva, probabilmente lo ha cercato. Dentro quei caschi, ieri, c’erano loro, ma anche Nuvolari, Fangio, Surtees, Agostini, Prost, Senna, Schumacher…non dimentichiamo mai che la storia dei Motori è essenzialmente una storia di uomini.
Di cannibali.
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