Marco Cappato a RTL 102.5: "Sull'eutanasia decida il malato"
06 marzo 2017, ore 10:14 , agg. alle 17:44
"In Parlamento la discussione è limitata al testamento biologico"
Marco Cappato, esponente dei Radicali e dell’Associazione Luca Coscioni, è stato ospite questa mattina ai microfoni di RTL 102.5 durante "Non Stop News", condotto da Giusi Legrenzi, Fulvio Giuliani e Pierluigi Diaco. "In Parlamento la discussione è limitata al testamento biologico. La condizione minima è che sia stabilito chiaramente che decida il malato. Ci sia una libertà a portata di mano di tutti attraverso il diritto" , ha detto Cappato.
Questa vicenda di DJ Fabo hanno contagiato tutta l’Italia, rischia di diventare un caso differente da Englaro e Coscioni, un caso che può farlo diventare un processo culturale e mettere il tema al centro del dibattito politico?
Era l’obiettivo di Fabo, nel senso che ha rischiato un po’di più, di non farcela, perché quando una storia come la sua diventa pubblica il rischio che qualcuno metta il bastone tra le ruote c’è, e lo ha voluto fare proprio per poter fare ragionare tutti su quello che gli stava accadendo. Lui mi aveva detto ‘ Non avevo mai pensato a tutta questa cosa dell’eutanasia, facevo il DJ a Goa, vivevo benissimo, era una vita bellissima, nemmeno sapevo ci fosse questo problema. Adesso ci ho sbattuto la faccia così violentemente’ e quando gli ho detto che sarebbe importante che una storia come la sua fosse conosciuta lui è stato entusiasta, pur nella situazione di drammatica sofferenza che viveva. L’emozione in politica a volte è anche pericolosa perché se si ragiona con la pancia si rischia anche di fare errori tragici, ma a volte smuove l’intelligenza e il ragionamento. Qui non si cerca il buonismo o il pietismo, il problema è che lo Stato fino ad ora ha girato la testa dall’altra parte, la differenza con altri casi sta anche nel fatto che – a questo punto – essendomi autodenunciato e avendo annunciato che questa mia azione proseguirà penso che dovrà esserci un’assunzione di responsabilità dello Stato, magari anche per decidere in modo diverso da come deciderei io o l’Associazione Coscioni, ma per decidere, perché sono ormai passati quarant’anni dalla prima proposta di legge per l’eutanasia presentata e non si è mai arrivati a definire delle regole che si potessero applicare per i casi di sofferenza insopportabile e di malattia non guaribile.
Specifichiamo che questo tema non è una gara, il rispetto è massimo per le decisioni di tutti, si tratta solo semplicemente di ricordare che c’è spesso un urlo muto di persone che chiedono di poter stabilire per se stessi.
Ricordiamo anche che c’è un urlo, magari più difficile da trasmettere e far ascoltare, di persone che chiedono l’opposto – forse poi non è proprio così - ma di potere vivere, chiedono quello che spesso in Italia non trovano, cioè l’assistenza, le curie palliative, la terapia del dolore, l’assistenza psicologica, c’è un mondo di mancata cura e di degrado che può portare poi a volontà di interrompere la propria vita. Non c’è contraddizione, a mio parere, tra il rispetto massimo e totale delle scelte di vita e poi c’è la soglia oltre la quale la persona, anche la stessa persona, non sopporta più la propria condizione e quindi vuole essere lasciata andare. Bene il dibattito sulle regole che vogliamo stabilire, ma non è una lotta tra chi vuole dare la vita e chi vuole dare la morte, ma semplicemente un impegno di libertà e responsabilità individuale che metta ciascuno nelle migliori condizioni possibili per scegliere per se stesso. L’Associazione Coscioni fa anche le battaglie per abbattere le barriere architettoniche, centinaia di stazioni ferroviarie in Italia non sono accessibili ai disabili, o la ricerca scientifica che non è libera nel nostro Paese per curare malattie gravissime. Non c’è nessuna contraddizione tra questo, tant’è che alcuni dei Paesi che hanno legalizzato l’eutanasia come la Svizzeria, l’Olanda, il Belgio, il Lussemburgo, sono tra i Paesi più avanzati al mondo nella capacità di ascoltare e curare i malati e le persone con disabilità gravi.
Ci rendiamo conto che è molto complicato legiferare su questi temi, ci fa capire cosa dovrebbe – dal suo punto di vista – assolutamente essere incluso in questa legge?
L’ideale sarebbe, più che legiferare, quasi de-legiferare. La legge purtroppo esiste ed è il Codice Penale degli anni ’30, del Fascismo che, senza fare alcuna distinzione tra malati che soffrono e persone che sono in condizioni diverse, punisce fino a 12 anni di carcere l’aiuto al suicidio o fino a 14 anni di carcere l’omicidio del consenziente, e non c’è nient’altro. Secondo me la prima cosa da fare sarebbe depenalizzare questa fattispecie di reato, nei casi in cui non ci si trovi incontro a una persona in momentanea disperazione che viene aiutata a togliersi di mezzo, ma di fronte a situazioni come quella di Fabo o di altri. La discussione in Parlamento è limitata al tema del testamento biologico, finora, a meno che qualche parlamentare non voglia presentare aggiunte o emendamenti, e significa la possibilità di lasciare detto a chi ci affidiamo nel caso in cui un domani uno si potesse trovare non più in grado di intendere e di volare a causa di un incidente o di una malattia. La condizione minima affinché sia una buona legge è che sia stabilito in modo chiaro che decide il malato, almeno sulla sospensione delle terapie, cioè il momento in cui si dice basta, o si lascia indicazione che non si vorrebbe che si continuasse una vita mantenuta in quelle condizioni – ad esempio come nel caso Englaro – e che nessun altro, nemmeno il medico, possa mettersi di traverso e decidere altro. Quindi, tutta l’assistenza medica, che può essere anche la sedazione che accompagna fino alla morte, sia garantita in modo chiaro, e che si possa rinunciare anche alla nutrizione e l’idratazione, che è il caso più comune delle terapie alle quali si vorrebbe poter rinunciare. Se questo sarà scritto in modo chiaro, adesso ci sono ancora delle ambiguità, allora sarà già un passo avanti, perché vorrà dire che non ci sarà più bisogno di essere un po’ degli ‘eroi’ che affrontano anche dei procedimenti giudiziari complessi come Beppino Englaro, o come sul caso Welby, ma che sia una libertà a portata di mano di tutti i cittadini attraverso il diritto e la legge.
Un ascoltatore fa una domanda molto personale e le chiede come le persone a lei care hanno preso la sua decisione nella vicenda DJ Fabo. Inoltre vorremmo sapere se, indipendente dalle singole posizioni, qualche leader di partito si è fatto sentire con lei inoltrandole stima.
Devo dire che attorno a me ho trovato un grande sostegno, da mia moglie, alla mia famiglia, ai miei genitori, ho trovato un grande supporto per quello che sto facendo. Per quanto riguarda i politici no, ho visto qualche messaggio pubblico ma non ho ricevuto alcuna chiamata. Nencini, il segretario dei Socialisti, mi ha chiamato ed è venuto in piazza quando abbiamo fatto il presidio settimana scorsa.La politica che sembra essere prontissima a perdersi dietro scissioni e alleanze è una politica che la gente non segue. La politica che attende DJ Fabo per rimettere in calendario una legge, purtroppo testimonia semplicemente la sua pavidità.Il motto dell’Associazione è “Dal corpo dei malati al cuore della politica” e in effetti penso che questa politica abbia bisogno un po’più di cuore, ma per se stessa, perché c’è proprio anche un problema di maturazione sociale di un problema come questo. Tutti i sondaggi, non perché debbano essere il verbo, ci dicono che il Paese è pronto. Proprio sull’eutanasia c’era addirittura un sondaggio de Il Gazzettino nord-est dove diceva che a favore era il 75% degli elettori della Lega Nord, una cosa enorme. A fronte di questo, sulla parola legalizzazione dell’eutanasia nessuno si esprime con chiarezza e nettezza e persino sul testamento biologico c’è da attendere. Questo testo è in discussione in Commissione parlamentare da oltre un anno e non siamo ancora arrivati al voto in plenaria perché, essendo un tema trasversale, rischia di mettere in difficoltà alleanze di partito, di Governo, di opposizione, questo sì è un segnale di impotenza della politica. Io lo sottolineo non per sputare contro il Palazzo, ma nella speranza che questa situazione possa cambiare, perché se si continua con istituzioni incapaci di discutere di questo, come dell’inizio della vita, come delle cure da dare, della disabilità, delle politiche sociali, diventa pericolosissimo.
Era l’obiettivo di Fabo, nel senso che ha rischiato un po’di più, di non farcela, perché quando una storia come la sua diventa pubblica il rischio che qualcuno metta il bastone tra le ruote c’è, e lo ha voluto fare proprio per poter fare ragionare tutti su quello che gli stava accadendo. Lui mi aveva detto ‘ Non avevo mai pensato a tutta questa cosa dell’eutanasia, facevo il DJ a Goa, vivevo benissimo, era una vita bellissima, nemmeno sapevo ci fosse questo problema. Adesso ci ho sbattuto la faccia così violentemente’ e quando gli ho detto che sarebbe importante che una storia come la sua fosse conosciuta lui è stato entusiasta, pur nella situazione di drammatica sofferenza che viveva. L’emozione in politica a volte è anche pericolosa perché se si ragiona con la pancia si rischia anche di fare errori tragici, ma a volte smuove l’intelligenza e il ragionamento. Qui non si cerca il buonismo o il pietismo, il problema è che lo Stato fino ad ora ha girato la testa dall’altra parte, la differenza con altri casi sta anche nel fatto che – a questo punto – essendomi autodenunciato e avendo annunciato che questa mia azione proseguirà penso che dovrà esserci un’assunzione di responsabilità dello Stato, magari anche per decidere in modo diverso da come deciderei io o l’Associazione Coscioni, ma per decidere, perché sono ormai passati quarant’anni dalla prima proposta di legge per l’eutanasia presentata e non si è mai arrivati a definire delle regole che si potessero applicare per i casi di sofferenza insopportabile e di malattia non guaribile.
Specifichiamo che questo tema non è una gara, il rispetto è massimo per le decisioni di tutti, si tratta solo semplicemente di ricordare che c’è spesso un urlo muto di persone che chiedono di poter stabilire per se stessi.
Ricordiamo anche che c’è un urlo, magari più difficile da trasmettere e far ascoltare, di persone che chiedono l’opposto – forse poi non è proprio così - ma di potere vivere, chiedono quello che spesso in Italia non trovano, cioè l’assistenza, le curie palliative, la terapia del dolore, l’assistenza psicologica, c’è un mondo di mancata cura e di degrado che può portare poi a volontà di interrompere la propria vita. Non c’è contraddizione, a mio parere, tra il rispetto massimo e totale delle scelte di vita e poi c’è la soglia oltre la quale la persona, anche la stessa persona, non sopporta più la propria condizione e quindi vuole essere lasciata andare. Bene il dibattito sulle regole che vogliamo stabilire, ma non è una lotta tra chi vuole dare la vita e chi vuole dare la morte, ma semplicemente un impegno di libertà e responsabilità individuale che metta ciascuno nelle migliori condizioni possibili per scegliere per se stesso. L’Associazione Coscioni fa anche le battaglie per abbattere le barriere architettoniche, centinaia di stazioni ferroviarie in Italia non sono accessibili ai disabili, o la ricerca scientifica che non è libera nel nostro Paese per curare malattie gravissime. Non c’è nessuna contraddizione tra questo, tant’è che alcuni dei Paesi che hanno legalizzato l’eutanasia come la Svizzeria, l’Olanda, il Belgio, il Lussemburgo, sono tra i Paesi più avanzati al mondo nella capacità di ascoltare e curare i malati e le persone con disabilità gravi.
Ci rendiamo conto che è molto complicato legiferare su questi temi, ci fa capire cosa dovrebbe – dal suo punto di vista – assolutamente essere incluso in questa legge?
L’ideale sarebbe, più che legiferare, quasi de-legiferare. La legge purtroppo esiste ed è il Codice Penale degli anni ’30, del Fascismo che, senza fare alcuna distinzione tra malati che soffrono e persone che sono in condizioni diverse, punisce fino a 12 anni di carcere l’aiuto al suicidio o fino a 14 anni di carcere l’omicidio del consenziente, e non c’è nient’altro. Secondo me la prima cosa da fare sarebbe depenalizzare questa fattispecie di reato, nei casi in cui non ci si trovi incontro a una persona in momentanea disperazione che viene aiutata a togliersi di mezzo, ma di fronte a situazioni come quella di Fabo o di altri. La discussione in Parlamento è limitata al tema del testamento biologico, finora, a meno che qualche parlamentare non voglia presentare aggiunte o emendamenti, e significa la possibilità di lasciare detto a chi ci affidiamo nel caso in cui un domani uno si potesse trovare non più in grado di intendere e di volare a causa di un incidente o di una malattia. La condizione minima affinché sia una buona legge è che sia stabilito in modo chiaro che decide il malato, almeno sulla sospensione delle terapie, cioè il momento in cui si dice basta, o si lascia indicazione che non si vorrebbe che si continuasse una vita mantenuta in quelle condizioni – ad esempio come nel caso Englaro – e che nessun altro, nemmeno il medico, possa mettersi di traverso e decidere altro. Quindi, tutta l’assistenza medica, che può essere anche la sedazione che accompagna fino alla morte, sia garantita in modo chiaro, e che si possa rinunciare anche alla nutrizione e l’idratazione, che è il caso più comune delle terapie alle quali si vorrebbe poter rinunciare. Se questo sarà scritto in modo chiaro, adesso ci sono ancora delle ambiguità, allora sarà già un passo avanti, perché vorrà dire che non ci sarà più bisogno di essere un po’ degli ‘eroi’ che affrontano anche dei procedimenti giudiziari complessi come Beppino Englaro, o come sul caso Welby, ma che sia una libertà a portata di mano di tutti i cittadini attraverso il diritto e la legge.
Un ascoltatore fa una domanda molto personale e le chiede come le persone a lei care hanno preso la sua decisione nella vicenda DJ Fabo. Inoltre vorremmo sapere se, indipendente dalle singole posizioni, qualche leader di partito si è fatto sentire con lei inoltrandole stima.
Devo dire che attorno a me ho trovato un grande sostegno, da mia moglie, alla mia famiglia, ai miei genitori, ho trovato un grande supporto per quello che sto facendo. Per quanto riguarda i politici no, ho visto qualche messaggio pubblico ma non ho ricevuto alcuna chiamata. Nencini, il segretario dei Socialisti, mi ha chiamato ed è venuto in piazza quando abbiamo fatto il presidio settimana scorsa.La politica che sembra essere prontissima a perdersi dietro scissioni e alleanze è una politica che la gente non segue. La politica che attende DJ Fabo per rimettere in calendario una legge, purtroppo testimonia semplicemente la sua pavidità.Il motto dell’Associazione è “Dal corpo dei malati al cuore della politica” e in effetti penso che questa politica abbia bisogno un po’più di cuore, ma per se stessa, perché c’è proprio anche un problema di maturazione sociale di un problema come questo. Tutti i sondaggi, non perché debbano essere il verbo, ci dicono che il Paese è pronto. Proprio sull’eutanasia c’era addirittura un sondaggio de Il Gazzettino nord-est dove diceva che a favore era il 75% degli elettori della Lega Nord, una cosa enorme. A fronte di questo, sulla parola legalizzazione dell’eutanasia nessuno si esprime con chiarezza e nettezza e persino sul testamento biologico c’è da attendere. Questo testo è in discussione in Commissione parlamentare da oltre un anno e non siamo ancora arrivati al voto in plenaria perché, essendo un tema trasversale, rischia di mettere in difficoltà alleanze di partito, di Governo, di opposizione, questo sì è un segnale di impotenza della politica. Io lo sottolineo non per sputare contro il Palazzo, ma nella speranza che questa situazione possa cambiare, perché se si continua con istituzioni incapaci di discutere di questo, come dell’inizio della vita, come delle cure da dare, della disabilità, delle politiche sociali, diventa pericolosissimo.