Marracash e Gué Pequeno, I nuovi ragazzini fanno pop con un paio di rime
Marracash e Gué Pequeno: "I nuovi ragazzini fanno pop con un paio di rime"
18 luglio 2016, ore 15:23
I due rapper sono al primo posto della classifica degli album più venduti in Italia
Marracash e Gué Pequeno sono saldi al primo posto della classifica degli album più venduti della settimana con "Santeria". I due rapper sono anche sulla copertina del nuovo numero di Rolling Stone e rivendicano la serietà e l'importanza della loro musica, rappando a gran voce quanto "il sistema Italia" faccia schifo, misurato unicamente in view su YouTube.
“Noi abbiamo iniziato a suonare in un’epoca in cui non c’era neppure il sogno di farci i soldi con il rap, - dice Marra - e il rap dovevi amarlo fino al midollo, con tutto te stesso. Gente come Fabri Fibra, gli ex Co’Sang, si vivono la musica con una visceralità, con una sofferenza che i ragazzi di oggi non hanno. La maggior parte di loro pensa solo ai soldi. Io, quando facevo musica, volevo essere libero. Alla musica chiedevo di liberarmi dal lavoro. Avevo anche la smania di far soldi, chiaro, di prendermi una rivincita sulla scuola, sul quartiere, sui miei. Ma non volevo essere Laura Pausini. Invece questi sono disposti ad assoggettarsi pur di essere famosi. Sono passati per le nostre etichette indipendenti, per i nostri featuring. Li abbiamo cresciuti noi”.
Però se contesti agli altri il fatto di partecipare a un talent show o di litigare su Twitter con un politico poi corri il rischio di precluderti in futuro di partecipare a un reality o litigare con un politico. “La storia è piena di percorsi a sé, e di gente che non si preclude niente, vedi Manuel Agnelli. - spiega Marra - Per cambiare faccia si è sempre in tempo”.
“Io sono uno che ha sempre detto di voler fare soldi. - interviene Pequeno - La mia carriera è piena di errori, di aspetti controversi. Non voglio neppure fare troppo la morale, ma è giusto mettere qualche puntino sulle i. Non lo dico da rosicone. Il nostro è un disco orgoglioso. Siamo comunque due che vendono, due vincenti”.
Marracash e Gué Pequeno continuano con la loro analisi. Inizia Marra: “I giornalisti non capiscono gli stilemi del rap. Capiscono i capelli lunghi e la croce rovesciata di Ozzy Osbourne, ma non le collane nel rap".
E Guè gli dà manforte: "Perché il calciatore può andare in Lamborghini e il rapper no? Io lavoro, mica vado a rubare. Tantomeno posso far ridere la gente per farmi considerare. Perché dovrei far ridere? Cazzo ridi? Il rap è una cosa seria, un patrimonio culturale, ha una storia, come il rock, ci fanno i film, ci sono i libri di Jay-Z, Jay-Z che va al Moma”.
“Per noi, qualche anno fa, c'è stata l’esigenza di mettere un piede dentro 'sta merda di musica italiana, - dice Marra - da cui eravamo banditi. Così, siamo stati anche i primi a dover fare dei pezzi “passabili”. Io sono stato uno dei primi a collaborare con una uscita dai talent, Giusy Ferreri. I Club Dogo avevano fatto Pes e Fibra Tranne te. Insomma, c'era stato un tentativo di legittimare questa musica, e di portare la musica italiana nell'hip hop. Questi nuovi ragazzini, invece, fanno solo dei pezzi pop con un paio di rime sopra. Di hip hop non c’è niente. Il giornalista italiano medio coglie le differenze tra Manuel Agnelli e i Finley, ma non è altrettanto attento con l'hip hop”.
Però se contesti agli altri il fatto di partecipare a un talent show o di litigare su Twitter con un politico poi corri il rischio di precluderti in futuro di partecipare a un reality o litigare con un politico. “La storia è piena di percorsi a sé, e di gente che non si preclude niente, vedi Manuel Agnelli. - spiega Marra - Per cambiare faccia si è sempre in tempo”.
“Io sono uno che ha sempre detto di voler fare soldi. - interviene Pequeno - La mia carriera è piena di errori, di aspetti controversi. Non voglio neppure fare troppo la morale, ma è giusto mettere qualche puntino sulle i. Non lo dico da rosicone. Il nostro è un disco orgoglioso. Siamo comunque due che vendono, due vincenti”.
Marracash e Gué Pequeno continuano con la loro analisi. Inizia Marra: “I giornalisti non capiscono gli stilemi del rap. Capiscono i capelli lunghi e la croce rovesciata di Ozzy Osbourne, ma non le collane nel rap".
E Guè gli dà manforte: "Perché il calciatore può andare in Lamborghini e il rapper no? Io lavoro, mica vado a rubare. Tantomeno posso far ridere la gente per farmi considerare. Perché dovrei far ridere? Cazzo ridi? Il rap è una cosa seria, un patrimonio culturale, ha una storia, come il rock, ci fanno i film, ci sono i libri di Jay-Z, Jay-Z che va al Moma”.
“Per noi, qualche anno fa, c'è stata l’esigenza di mettere un piede dentro 'sta merda di musica italiana, - dice Marra - da cui eravamo banditi. Così, siamo stati anche i primi a dover fare dei pezzi “passabili”. Io sono stato uno dei primi a collaborare con una uscita dai talent, Giusy Ferreri. I Club Dogo avevano fatto Pes e Fibra Tranne te. Insomma, c'era stato un tentativo di legittimare questa musica, e di portare la musica italiana nell'hip hop. Questi nuovi ragazzini, invece, fanno solo dei pezzi pop con un paio di rime sopra. Di hip hop non c’è niente. Il giornalista italiano medio coglie le differenze tra Manuel Agnelli e i Finley, ma non è altrettanto attento con l'hip hop”.