27 aprile 2017, ore 10:53 , agg. alle 17:29
L'ex premier ospite a Non Stop News si racconta alla vigilia delle Primarie del PD
Il candidato alla Segreteria del PD Matteo Renzi è intervenuto ai microfoni di RTL 102.5, ospite in studio durante “Non Stop News", condotto da Giusi Legrenzi, Fulvio Giuliani e Pierluigi Diaco. "Dopo aver perso il Referendum era sacrosanto lasciare la poltrona, io cercavo di eliminare le poltrone del Senato, del CNEL, del Consiglio Regionale e l’unica poltrona che è saltata è la mia, ma va bene così e ripartiamo dal voto degli italiani, se mi votano ripartiamo", ha detto il Premier che si prepara a ripartire "in squadra".
Lei ha rilasciato un’intervista qualche settimana fa a La Stampa in cui ha detto ‘Basta autocritiche, contro di me un intreccio di poteri’ e poi ha aggiunto ‘Noi del Giglio magico lontani dalla Roma politico-burocratica’. Pentito di non aver frequentato la Roma politico-burocratica? Se lo avesse fatto le cose sarebbero andato diversamente? E’ stato tradito dalla Roma dei salotti?
“Non sono pentito di non aver partecipato ai salotti romani, sono stato bene lo stesso. E’ chiaro che i mille giorni di governo hanno visto un sacco di cose fatte, tanti errori, come è giusto che sia, ma se abbiamo perso il Referendum non è colpa dei salotti romani. Dopodiché non ci tornerei neanche pagato nei salotti romani, nel senso che non è il mio mondo, io sono un ragazzo della provincia orgogliosamente impegnato perché la politica sia una cosa seria. Se lei mi parla di sociale, di ‘dopo di noi’, di diritti, di terzo settore, io ci sono, discuto, ragiono, ma se dobbiamo stare a ragionare di posizionamento tra i partiti, tra burocrazia e tecnocrazia, non fa per me. Rivendico con forza quello che siamo stati ma il punto centrale è: cosa vuole essere l’Italia dei prossimi anni? Questo, fortunatamente, lo decidono i cittadini al gazebo domenica prossima e alle elezioni, e non nei salotti di una città bellissima come Roma, ma che non decide tutto da sola”.
Parliamo di domenica e di numeri: se dai tre milioni delle prime primarie si arrivasse ad uno non sarebbe un cattivo segnale?
“Dopo quello che è accaduto nel PD in questi ultimi mesi con fuoriuscite, scissioni, polemiche e tensioni, è naturale che la partecipazione potrebbe essere un po’ più bassa del passato. Se fosse un milione sarebbe comunque 999.999 persone in più di quelle che decidono tra Grillo e Berlusconi. In Forza Italia decide uno, nel M5S fanno finta di avere la democrazia diretta, ma hanno la democrazia etero diretta, tanto è vero che quando si candida qualcuno e non passa si rifanno le primarie. Noi abbiamo mille limiti e difetti ma siamo una grande esperienza democratica, per cui se anche un milione andasse a votare sarebbe comunque in più degli altri, penso che saranno in ogni caso più del milione. La cosa importante è che per noi sia una discussione sui contenuti, io non ho parlato male mai né di Emiliano né di Orlando, trovatemi una frase contro di loro; oggi vado a Pioltello a parlare di periferia, questa sera a Roma a parlare di sicureza, periferie e immigrazione con Minniti, domani vado a Bruxelles per chiudere la campagna per dire di sì all’Europa, ma non a questa, sabato vado a Caserta, continuo a parlare di contenuti. Non facciamo una polemica contro gli altri, le primarie sono un’occasione, chi vuole partecipa, e dice di far parte di una comunità di persone che decide e non lascia decidere uno solo, a me sembra bello. Vedremo, non ho la sfera di cristallo, spero ovviamente che oltre alla partecipazione poi si vinca, l’importante è partecipare fino a un certo punto”.
Non ha mai pensato, visto anche quello che è successo in Francia con Macron, non ha mai pensato di uscire fuori dalla logica dei partiti e fondare un suo movimento? La generosità con cui si è impegnato all’interno del PD non è stata rispettata da tutti, se avesse fondato un suo movimento non avrebbe avuto più briglia sciolta per muoversi con libertà senza la parte giurassica del partito?
“Io credo che la vera sfida oggi sia in Europa e per cambiarla ci sia bisogno di un partito a livello europeo che dica ‘basta con la burocrazia’. L’Europa ci racconta tutto di come si deve pescare un pesce, su come si deve mettere a posto una confezione, cambia regole antiche degli artigiani, però poi quando si arriva sulle questioni vere ci lascia soli sull’immigrazione, non elegge direttamente il capo della Commissione, ha una politica economica di austerity. Siccome la partita è lì, cambiare l’Europa, io sono innamorato dell’Europa, credo al sogno europeo, ma va cambiata e per farlo ci vogliono i partiti, e il Partito Democratico è lo strumento per cambiare l’Europa e l’Italia. Certo, quando vedi che altre persone fanno risultati come Macron, io parlai con lui quando decise di lasciare i Socialisti Francesi ed ero tra quelli che glielo sconsigliava, e invece ha funzionato, ma col 23%. Io sono sempre rimasto dentro il PD e rimango lì; certo, sono stato tentato centinaia di volte, a cominciare da quando persi con Bersani, ma sono sempre convinto che se dai la tua parola agli elettori che stai in una comunità, stai in quella comunità, e chi sputa nel piatto dove mangia si deve vergognare, quindi non cambio posizione. Naturalmente sogno un Paese civile in cui se vince il centro-destra o il centro-sinistra non c’è odio e questo è un ragionamento che portiamo avanti da tanto tempo, quando Berlusconi era considerato il nemico numero uno io ho sempre detto di avere rispetto per gli altri, chi vince governa. E’ il mio Paese, se vince un altro io voglio bene al mio Paese comunque, non solo se c’è il Presidente che voglio, questo è un passaggio molto importante. Certo, mi viene un po’ da ridere perché io con il 40% sono andato a casa e quegli altri con il 23% vanno al ballottaggio e se la giocano. Il sistema francese col ballottaggio funziona, caspita se funziona, e il nostro progetto del Referendum era esattamente questo: semplificare il Paese, evidentemente non sono stato bravo a spiegarlo, perché era la semplificazione più totale, rendeva il Paese semplice anziché questa palude e pantano dove rinviano sempre la legge elettorale, siamo al quinto mese di rinvii!”.
Ieri Mattarella è stato molto chiaro nel fare un invito, ma non è suo compito dire cosa fare. Ieri sera in TV Renzi ha detto di battersi con il maggioritario, ma sul Mattarellum non la segue nessuno, praticamente.
“Io ho perso la poltrona perché volevo un sistema più semplice, parliamoci chiaro, se io fossi rimasto tranquillo come i politici vecchio stile, buono lì, un po’ più rilassato, più calmo, senza voler cambiare a tutti i costi il sistema istituzionale, ora sarei ancora a Palazzo Chigi. Ho forzato perché pensavo – e lo faccio ancora- che fosse necessario semplificare il sistema e dare ai cittadini la possibilità di scelta perché il ballottaggio era questo, se invece il meccanismo è che decidono i partiti dopo in Parlamento, va bene, è sempre democrazia ma oggi ho l’impressione che i partiti non ne vogliano sapere. Lo avevo detto che se avesse vinto il No sarebbe stato evidente che la palude avrebbe trionfato e così è stato, bisogna iniziare a dire che quelli che han vinto il Referendum, quelli del No, tirino fuori una proposta, perché non si può sperare tutte le volte che la proposta arrivi del PD. Il Mattarellum? Gli italiani se lo ricordano, c’era un collegio, vince uno ed eran tutti contenti, no, il Mattarellum lo vuole solo il PD e Renzi, e allora niente Mattarellum e diciamo l’Italicum ma ci dicono che non va bene. Diteci cosa volete, perché la sindrome da ‘vai avanti tu che mi scappa da ridere’ deve finire e il fronte di No e ci dica quali sono le proposte, noi siamo disponibili e pronti a ragionare su tutto. Per me la cosa fondamentale è che i cittadini abbiano un rapporto con l’eletto, perché qualcuno dei signori che sta in Parlamento vorrebbe abolire le preferenze, il rapporto tra parlamentare e collegio, ma questo perché è importante che rimanga? Se io eleggo uno che poi cambia casacca, almeno – se l’ho eletto, se è venuto nel collegio, se lo visto in piazza, posso chiedergli conto di quel che ha fatto – se invece il meccanismo è come quello che per tanto tempo ci è stato con liste bloccate, quaranta nomi che nessuno conosce, è chiaro ci sono deputati che cambiano casacca 6,7, 8 volte. Ci sono deputati che hanno votato Sì alla riforma in Parlamento e poi hanno cambiato posizione quando si è trattato di votare con i cittadini, c’è gente incoerente da capo a piedi. Siccome la questione fondamentale, per me, è riuscire ad abbassare o meno le tasse, creare o meno lavoro, a venire incontro alle esigenze straordinarie di un Paese che potrebbe aver tutto, per far questo c’è bisogno di politici capaci di prendere il consenso. La base per me è il Maggioritario, ma è chiaro che sono in minoranza su questa cosa, perché fossi stato in maggioranza non si sarebbe posto il problema, ci sarebbe stato il ballottaggio come in Francia, alle 20 hanno chiuso i seggi, alle 22 i giornalisti commentavano il ballottaggio, domenica alle 21.30 si saprà chi è il Presidente francese, da noi il giorno dopo c’è sempre quello che dice io ho vinto, ho pareggiato, non si dimette nessuno in Italia, a parte rare eccezioni, in Italia non c’è nessuno che ammetta la sconfitta e questo deve finire, ci vuole responsabilità, basta con questo atteggiamento".
“Non sono pentito di non aver partecipato ai salotti romani, sono stato bene lo stesso. E’ chiaro che i mille giorni di governo hanno visto un sacco di cose fatte, tanti errori, come è giusto che sia, ma se abbiamo perso il Referendum non è colpa dei salotti romani. Dopodiché non ci tornerei neanche pagato nei salotti romani, nel senso che non è il mio mondo, io sono un ragazzo della provincia orgogliosamente impegnato perché la politica sia una cosa seria. Se lei mi parla di sociale, di ‘dopo di noi’, di diritti, di terzo settore, io ci sono, discuto, ragiono, ma se dobbiamo stare a ragionare di posizionamento tra i partiti, tra burocrazia e tecnocrazia, non fa per me. Rivendico con forza quello che siamo stati ma il punto centrale è: cosa vuole essere l’Italia dei prossimi anni? Questo, fortunatamente, lo decidono i cittadini al gazebo domenica prossima e alle elezioni, e non nei salotti di una città bellissima come Roma, ma che non decide tutto da sola”.
Parliamo di domenica e di numeri: se dai tre milioni delle prime primarie si arrivasse ad uno non sarebbe un cattivo segnale?
“Dopo quello che è accaduto nel PD in questi ultimi mesi con fuoriuscite, scissioni, polemiche e tensioni, è naturale che la partecipazione potrebbe essere un po’ più bassa del passato. Se fosse un milione sarebbe comunque 999.999 persone in più di quelle che decidono tra Grillo e Berlusconi. In Forza Italia decide uno, nel M5S fanno finta di avere la democrazia diretta, ma hanno la democrazia etero diretta, tanto è vero che quando si candida qualcuno e non passa si rifanno le primarie. Noi abbiamo mille limiti e difetti ma siamo una grande esperienza democratica, per cui se anche un milione andasse a votare sarebbe comunque in più degli altri, penso che saranno in ogni caso più del milione. La cosa importante è che per noi sia una discussione sui contenuti, io non ho parlato male mai né di Emiliano né di Orlando, trovatemi una frase contro di loro; oggi vado a Pioltello a parlare di periferia, questa sera a Roma a parlare di sicureza, periferie e immigrazione con Minniti, domani vado a Bruxelles per chiudere la campagna per dire di sì all’Europa, ma non a questa, sabato vado a Caserta, continuo a parlare di contenuti. Non facciamo una polemica contro gli altri, le primarie sono un’occasione, chi vuole partecipa, e dice di far parte di una comunità di persone che decide e non lascia decidere uno solo, a me sembra bello. Vedremo, non ho la sfera di cristallo, spero ovviamente che oltre alla partecipazione poi si vinca, l’importante è partecipare fino a un certo punto”.
Non ha mai pensato, visto anche quello che è successo in Francia con Macron, non ha mai pensato di uscire fuori dalla logica dei partiti e fondare un suo movimento? La generosità con cui si è impegnato all’interno del PD non è stata rispettata da tutti, se avesse fondato un suo movimento non avrebbe avuto più briglia sciolta per muoversi con libertà senza la parte giurassica del partito?
“Io credo che la vera sfida oggi sia in Europa e per cambiarla ci sia bisogno di un partito a livello europeo che dica ‘basta con la burocrazia’. L’Europa ci racconta tutto di come si deve pescare un pesce, su come si deve mettere a posto una confezione, cambia regole antiche degli artigiani, però poi quando si arriva sulle questioni vere ci lascia soli sull’immigrazione, non elegge direttamente il capo della Commissione, ha una politica economica di austerity. Siccome la partita è lì, cambiare l’Europa, io sono innamorato dell’Europa, credo al sogno europeo, ma va cambiata e per farlo ci vogliono i partiti, e il Partito Democratico è lo strumento per cambiare l’Europa e l’Italia. Certo, quando vedi che altre persone fanno risultati come Macron, io parlai con lui quando decise di lasciare i Socialisti Francesi ed ero tra quelli che glielo sconsigliava, e invece ha funzionato, ma col 23%. Io sono sempre rimasto dentro il PD e rimango lì; certo, sono stato tentato centinaia di volte, a cominciare da quando persi con Bersani, ma sono sempre convinto che se dai la tua parola agli elettori che stai in una comunità, stai in quella comunità, e chi sputa nel piatto dove mangia si deve vergognare, quindi non cambio posizione. Naturalmente sogno un Paese civile in cui se vince il centro-destra o il centro-sinistra non c’è odio e questo è un ragionamento che portiamo avanti da tanto tempo, quando Berlusconi era considerato il nemico numero uno io ho sempre detto di avere rispetto per gli altri, chi vince governa. E’ il mio Paese, se vince un altro io voglio bene al mio Paese comunque, non solo se c’è il Presidente che voglio, questo è un passaggio molto importante. Certo, mi viene un po’ da ridere perché io con il 40% sono andato a casa e quegli altri con il 23% vanno al ballottaggio e se la giocano. Il sistema francese col ballottaggio funziona, caspita se funziona, e il nostro progetto del Referendum era esattamente questo: semplificare il Paese, evidentemente non sono stato bravo a spiegarlo, perché era la semplificazione più totale, rendeva il Paese semplice anziché questa palude e pantano dove rinviano sempre la legge elettorale, siamo al quinto mese di rinvii!”.
Ieri Mattarella è stato molto chiaro nel fare un invito, ma non è suo compito dire cosa fare. Ieri sera in TV Renzi ha detto di battersi con il maggioritario, ma sul Mattarellum non la segue nessuno, praticamente.
“Io ho perso la poltrona perché volevo un sistema più semplice, parliamoci chiaro, se io fossi rimasto tranquillo come i politici vecchio stile, buono lì, un po’ più rilassato, più calmo, senza voler cambiare a tutti i costi il sistema istituzionale, ora sarei ancora a Palazzo Chigi. Ho forzato perché pensavo – e lo faccio ancora- che fosse necessario semplificare il sistema e dare ai cittadini la possibilità di scelta perché il ballottaggio era questo, se invece il meccanismo è che decidono i partiti dopo in Parlamento, va bene, è sempre democrazia ma oggi ho l’impressione che i partiti non ne vogliano sapere. Lo avevo detto che se avesse vinto il No sarebbe stato evidente che la palude avrebbe trionfato e così è stato, bisogna iniziare a dire che quelli che han vinto il Referendum, quelli del No, tirino fuori una proposta, perché non si può sperare tutte le volte che la proposta arrivi del PD. Il Mattarellum? Gli italiani se lo ricordano, c’era un collegio, vince uno ed eran tutti contenti, no, il Mattarellum lo vuole solo il PD e Renzi, e allora niente Mattarellum e diciamo l’Italicum ma ci dicono che non va bene. Diteci cosa volete, perché la sindrome da ‘vai avanti tu che mi scappa da ridere’ deve finire e il fronte di No e ci dica quali sono le proposte, noi siamo disponibili e pronti a ragionare su tutto. Per me la cosa fondamentale è che i cittadini abbiano un rapporto con l’eletto, perché qualcuno dei signori che sta in Parlamento vorrebbe abolire le preferenze, il rapporto tra parlamentare e collegio, ma questo perché è importante che rimanga? Se io eleggo uno che poi cambia casacca, almeno – se l’ho eletto, se è venuto nel collegio, se lo visto in piazza, posso chiedergli conto di quel che ha fatto – se invece il meccanismo è come quello che per tanto tempo ci è stato con liste bloccate, quaranta nomi che nessuno conosce, è chiaro ci sono deputati che cambiano casacca 6,7, 8 volte. Ci sono deputati che hanno votato Sì alla riforma in Parlamento e poi hanno cambiato posizione quando si è trattato di votare con i cittadini, c’è gente incoerente da capo a piedi. Siccome la questione fondamentale, per me, è riuscire ad abbassare o meno le tasse, creare o meno lavoro, a venire incontro alle esigenze straordinarie di un Paese che potrebbe aver tutto, per far questo c’è bisogno di politici capaci di prendere il consenso. La base per me è il Maggioritario, ma è chiaro che sono in minoranza su questa cosa, perché fossi stato in maggioranza non si sarebbe posto il problema, ci sarebbe stato il ballottaggio come in Francia, alle 20 hanno chiuso i seggi, alle 22 i giornalisti commentavano il ballottaggio, domenica alle 21.30 si saprà chi è il Presidente francese, da noi il giorno dopo c’è sempre quello che dice io ho vinto, ho pareggiato, non si dimette nessuno in Italia, a parte rare eccezioni, in Italia non c’è nessuno che ammetta la sconfitta e questo deve finire, ci vuole responsabilità, basta con questo atteggiamento".