15 settembre 2022, ore 18:30
La presenza di una terza nave fu la causa del disastro che costò la vita a 140 persone. La relazione della commissione di inchiesta: "La petroliera era in una zona vietata all'ancoraggio"
Un disastro che costò la vita a a 140 persone. Oggi però, la verità sull'incidente del Moby Prince, il traghetto della Navarma che la sera del 10 aprile del 1991 si scontrò con la petroliera Agip Abruzzo, è molto più vicina. Come spiegato dal presidente della commissione parlamentare d'inchiesta, Andrea Romano, le indagini hanno accertato la presenza di una terza nave che di fatto avrebbe provocato il disastro.
TERZA NAVE NON ANCORA IDENTIFICATA
"La Moby Prince è andata a collidere con la petroliera Agip Abruzzo per colpa della presenza di una terza nave comparsa improvvisamente davanti al traghetto che provocò una virata a sinistra che ha poi determinato l'incidente. Purtroppo questa nave non è ancora stata identificata con certezza". Queste le dichiarazioni del presidente della commissione parlamentare d'inchiesta, Andrea Romano, secondo il quale sarebbero due le ipotesi su cui si dovrebbe investigare ancora: una bettolina (una chiatta per il tasporto merci), o un pescherecchio somalo.
NESSUNA PRESENZA DI ESPLOSIVO A BORDO DEL TRAGHETTO
"Le perizie ci dicono che l'esplosione non fu causa della collisione", ha aggiunto ancora Romano presentando i risultati della relazione finale. Una relazione, approvata all'unanimità, in cui si da risposta a un altro interrogativo centrale, quello della presunta presenza di esplosivo a bordo del traghetto. "L'ipotesi si è rivelata infondata", viene spiegato. "Insieme a quella della nebbia o della distrazione del comando del traghetto durante la navigazione ha contribuito a creare confusione su ciò che è realmente accaduto la notte del 10 aprile 1991". Poi, riguardo le condizioni meteo di quella notte: "Sono state ricostruite con vari documenti o misure fatte da strumenti che si trovavano in quell'area: le conclusioni sono che visibilità di fronte al porto di Livorno era buona se non ottima, vento di pochi nodi, mare calmo e corrente marina ininfluente".
ROMANO: "ENI FORSE SAPEVA CHE AGIP ABRUZZO SI TROVAVA DOVE NON DOVEVA ESSERE"
"Eni, che è una grandissima società ed è un vanto nazionale, forse sapeva che Agip Abruzzo si trovava dove non doveva essere, forse sapeva anche del black out o del vapore e perfino che forse era coinvolta in attività di bunkeraggio clandestino: noi abbiamo chiesto i materiali delle inchieste interne ma non li abbiamo avuti. Spero che chi lo farà in futuro sia più fortunato di noi", ha detto il presidente della commissione parlamentare d'inchiesta Andrea Romano. "Quei documenti per i quali rinnovo l'appello a renderli pubblici - ha osservato Romano - possono contribuire a scrivere un altro pezzo importante di verità di quella tragica notte".