18 ottobre 2021, ore 13:30
Tra il 12 e il 13 giugno di quarant'anni fa Licheri, "l'Uomo Ragno", si calò nel pozzo artesiano in cui era caduto il piccolo Rampi, per tentare di salvarlo. Oggi si è spento a 77 anni
È morto Angelo Licheri, l’uomo che nel giugno del 1981 si calò nel pozzo artesiano in cui era caduto Alfredino Rampi, 6 anni, a Vermicino, vicino Roma. Fu tra i tanti volontari che scesero in quel buco profondo oltre 60 metri per tentare di salvare il bambino: “l’eroe di Vermicino”, così lo definirono da subito. 77 anni, malato da tempo, era ricoverato nella clinica San Giuseppe di Nettuno, dove è deceduto la notte scorsa.
L’EROE DI VERMICINO
Originario di Gavoi, in provincia di Nuoro, quarant’anni fa si recò nella campagna romana, in provincia di Frascati: uno dei tanti volontari accorsi per cercare di salvare la vita del piccolo Alfredo Rampi, caduto in un pozzo artesiano nella sera del 10 giugno 1981. Angelo, fattorino romano, di statura molto minuta, chiese ai soccorritori di fargli tentare la disperata impresa, nella notte tra il 12 e il 13 giugno, quando il bambino era in fondo dal pozzo da ormai due giorni. “Mi sono infilato tra i soccorritori. In mezzo a loro c’era Franca, la mamma di Alfredino. Al capo dei vigili del fuoco ho detto: sono piccolo, fatemi scendere. E lui: lei è troppo emotivo. Ha qualche malattia, qualche problema… L’ho interrotto. Gli ho detto: senta, io sto benissimo, voglio solo scendere. La mia determinazione è stata più forte dei loro no e alla fine l’ho vinta io”. L’ha raccontata spesso, negli anni, questa storia. “L’eroe di Vermicino”, così lo chiamavano: “Non mi piace la parola eroe, ho fatto solo un atto di altruismo”, rispondeva lui.
45 MINUTI A 64 METRI, GLI ULTIMI DISPERATI TENTATIVI DI LICHERI
Rimase a testa in giù per 45 minuti, a 64 metri di profondità: raggiunse e parlò con il piccolo, gli tolse il fango dalla bocca e dagli occhi, poi gli liberò le mani e braccia, bloccate dietro le anche. “Il bambino era a 64 metri. Gli ho tolto il fango dagli occhi e dalla bocca e ho cominciato a parlargli dolcemente, so che capiva tutto. Non riusciva a rispondere ma l’ho sentito rantolare, e per me era quella la sua risposta. Quando smettevo di parlare rantolava più forte, come per dirmi: continua che ti sto ascoltando”. Poi tentò, per tre volte, di allacciargli l’imbracatura, fallendo. Provò quindi a sollevarlo di peso prendendolo da sotto le ascelle e per le braccia (rompendogli, accidentalmente, il polso sinistro), ma il bambino continuava a scivolare a causa del troppo fango che lo ricopriva. “Dopo vari tentativi andati a vuoto, l’ultimo che ho fatto è stato prenderlo per la canottierina, ma appena hanno cominciato a tirare ho sentito che cedeva… E allora gli ho mandato un bacino e sono venuto via. Ciao piccolino”. Furono le ultime parole udite da Alfredino.