05 agosto 2021, ore 13:49
Al momento dell'arresto aveva in un borsello 6 telefoni cellulari, 6.000 euro e documenti falsi con un'identità portoghese . Condannato all'ergastolo, poi convertiti in 30 anni di reclusione, era stato rimesso in libertà nel 2019 per un errato conteggio della pena.
Negli anni ’80 e ’90 era chiamato il “boss dei boss” ed era in fuga dal 2019 quando venne rimesso in libertà per un errore nel computo della pena. Si è conclusa lo scorso 3 agosto a Madrid, in Spagna, la latitanza di Domenico Paviglianiti, elemento di spicco della ‘Ndrangheta e protagonista della cosiddetta "seconda guerra di mafia" tra le famiglie De Stefano e Condello della provincia di Reggio Calabria. Paviglianiti è stato catturato dalla Polizia Spagnola (Udyco Central) e dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bologna, coordinati dal Procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, e dai sostituti Roberto Ceroni e Michele Martorelli. L’operazione è il frutto di una complessa indagine collegata a un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti di 11 anni, 8 mesi e 15 giorni per i reati di associazione di tipo mafioso, omicidio e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti
Nel borsello 6 cellulari e 6.000 euro
Al momento dell’arresto, Domenico Paviglianiti aveva con sé un borsello con 6 telefoni cellulari e 6.000 euro in contanti, oltre a documenti falsi con un'identità portoghese. In particolare i cellulari saranno fondamentali per ricostruire la sua rete di relazioni. Quando è stato preso era da solo ma sono in corso verifiche sui rapporti con una donna sudamericana. Il blitz è stato il frutto di lunghe indagini. Gli investigatori sono arrivati in Spagna seguendo per alcuni mesi i movimenti di alcuni familiari.
In libertà per un errato calcolo della pena
Il latitante è ritenuto elemento apicale dell'omonima 'ndrina, operante nei comuni di San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri, in provincia di Reggio Calabria, con ramificazioni nel Nord Italia e nel Sud America per la gestione del traffico internazionale di stupefacenti. A suo carico una condanna all’ergastolo risalente agli anni ‘80, poi sostituita con la reclusione per 30 anni, Il boss era stato rimesso in libertà nell'ottobre 2019, sulla base di un erroneo calcolo della pena, ed era subito riuscito a lasciar l’Italia per rifugiarsi in Spagna.