Negli ultimi giorni di vita di Diego Armando Maradona niente droga o alcool, ma tanti psicofarmaci

Negli ultimi giorni di vita di Diego Armando Maradona niente droga o alcool, ma tanti psicofarmaci

Negli ultimi giorni di vita di Diego Armando Maradona niente droga o alcool, ma tanti psicofarmaci


23 dicembre 2020, ore 17:52 , agg. alle 12:17

È il risultato delle analisi sul sangue e sulle urine di Maradona: nessuna traccia di alcool o droga, ma quantità importanti di psicofarmaci: ora si indaga per capire se possano aver favorito la morte

Non era drogato, non era ubriaco. Ma era imbottito di psicofarmaci. Le analisi sul sangue e sulle urine hanno raccontato la verità sugli ultimi giorni di vita di Diego Armando Maradona. Gli esami sono stati eseguiti da esperti della polizia scientifica argentina. Oggi sono stati comunicati i risultati, che hanno escluso la presenza di alcool e di stupefacenti. Sono invece state riscontrate tracce molto evidenti di psicofarmaci: tra questi individuate venlafaxina, quetiapina, levetiracetam e naltrexone. A giudizio di un team di esperti interpellati dall’agenzia argentina Telam, che ha anticipato la notizia, alcune di queste sostanze sarebbero capaci di produrre aritmie; quindi avrebbero potuto favorire la morte di Maradona, già alle prese con uno stato di salute molto precario.

IN ARRIVO UNA INCHIESTA

La magistratura argentina sta per avviare una inchiesta per capire se quei farmaci fossero adatti a un paziente con le problematiche del Pibe de Oro, che tra l’altro presentava seri problemi cardiaci cronici. Secondo uno degli inquirenti “è sorprendente che gi siano stati somministrati farmaci psicotropi e nessuno legato alla sua malattia cardiaca". Ma cerchiamo di capire qualcosa di più di queste sostanze: la venlafaxina è un farmaco antidepressivo per trattare i disturbi d'ansia; la quetiapina è un antispicotico per la depressione grave e alcune dipendenze; il levetiracetam è un farmaco antiepilettico che agisce sul sistema nervoso centrale e può causare sonnolenza e una ridotta capacità di reazione; il naltrexone blocca l'effetto dei farmaci oppioidi ed è usato per prevenire l'astinenza da alcol.

MEDICI SOTTO OSSERVAZIONE

L’autopsia, effettuata a inizio dicembre, aveva evidenziato che Diego Armando Maradona è deceduto a causa di un edema polmonare acuto legato ad una insufficienza cardiaca cronica riacutizzata e a una cardiomiopatia dilatativa. I farmaci somministrati potrebbero aver peggiorato una situazione già compromessa. Gli inquirenti si preparano a formare una commissione medica che analizzi il caso e giudichi se la morte del Pibe de Oro potesse essere evitata. Inevitabile che finisca sotto la lente degli inquirenti l’operato dei due medici che hanno curato Diego negli ultimi mesi, cioè il neurochirurgo Leopoldo Luque e la psichiatra Agustina Cosachov.


VOGLIA DI GIUSTIZIA

Che Maradona abbia vissuto di eccessi, che spesso abbia superato il limite, è un fatto noto e assodato. La droga e l’alcool hanno inciso in modo pesante sulla sua salute, ma non gli hanno dato il colpo di grazia. Che forse invece gli è arrivato da chi, imbottendolo di psicofarmaci, voleva tenere a bada un paziente difficile e ingombrante. Molti interrogativi circolano anche intorno alla famiglia, che di fatto lo ha ghettizzato in un residence, affidato alle cure di una infermiera conosciuta soltanto da pochi giorni. Nulla riporterà Maradona in vita, nessuno potrà più cancellare la sua sofferenza e la sua solitudine. Ma fare chiarezza sulla sua morte è un dovere. La pensano così anche due legali napoletani che avevano conosciuto seguito e difeso Diego durante i suoi anni in Italia. Angelo e Sergio Pisani hanno chiesto per iscritto alle autorità argentine di indagare su chi è stato vicino al Pibe de Oro nell’ultimo periodo della sua vita; questo l’incipit della loro lettera: “La morte di Diego Armando Maradona appare sempre più legata a cure sbagliate e ad omissioni di assistenza: le autorità devono identificare le persone che erano in sua compagnia e indagare". I legali evidenziano anche come fossero le stesse persone a gestire – in modo piuttosto discutibile- il patrimonio finanziario del campione.


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