Oggi è il trentaquattresimo anniversario del disastro di Chernobyl, una strage che non ha ancora un bilancio ufficiale

Oggi è il trentaquattresimo anniversario del disastro di Chernobyl, una strage che non ha ancora un bilancio ufficiale

Oggi è il trentaquattresimo anniversario del disastro di Chernobyl, una strage che non ha ancora un bilancio ufficiale


26 aprile 2020, ore 13:04

Il 26 aprile del 1986, esplose un reattore della centrale ucraina di Chernobyl, una catena di errori portò al disastro

Era una notte apparentemente tranquilla nella centrale nucleare sovietica di Chernobyl, nel territorio che poi sarebbe diventato l'Ucraina. Una catena di incredibili errori però portò a una conseguenza fatale. All'1.23 di quel 26 aprile del 1986, il reattore 4 della centrale andò completamente fuori controllo fino a esplodere. Si trattò del primo incidente nucleare classificato di potenza sette, quella massima, nella storia della produzione di energia civile. Un dramma analogo sarebbe poi accaduto nel 2011, in Giappone, a Fukushima, dopo un maremoto. 


Le indagini sul disastro

La autorità sovietiche furono da subito restie a fornire informazioni su quanto accaduto. Alcuni abitanti dell'attuale Ucraina ci hanno raccontato di aver appreso soltanto nel 1991, una volta raggiunta l'indipendenza, di quanto fosse accaduto sul loro territorio. In 34 anni si sono susseguite tante inchieste ufficiali e giornalistiche. Le vittime ufficiali sono 31, ma, secondo alcuni studi delle Nazioni Unite, in base al reale numero della popolazione raggiunta dalle radiazioni, potrebbero arrivare a quattromila. Greenpeace si spinge oltre e parla di sei milioni di persone che hanno avuto conseguenze di malattia e morte dopo il disastro. Tante anche le malformazioni dei neonati.  


Cosa accadde veramente

Quella notte era in programma un test di sicurezza dell'impianto nucleare. Un mix micidiale tra norme di sicurezza non rispettate e totale mancanza di buon senso portò all'esplosione. Una immensa nuvola di materiale radioattivo si sprigionò dalla centrale e ricadde sui territori vicini, su tutti la città di Prypjat, a 3 chilometri di distanza. Le autorità sovietiche nascosero quanto accaduto, ma, il giorno dopo, alcuni tecnici nucleari finlandesi registrarono radiazioni anomale e Mosca fu così costretta a evacuare 336.000mila persone. La nube radiottiva raggiunse nei giorni seguenti l'Europa orientale e la Scandinavia, ma poi anche l'Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Austria, i Balcani e persino alcune parti del Nord America. Chi era ragazzino in quegli anni ricorda bene i divieti di quei giorni, imposti dalle autorità e dai genitori, non giocare fuori, non mangiare la verdura degli orti, non bere latte fresco. 


Il turismo e la serie tv

Lo scorso anno, il turismo cosiddetto nucleare nei luoghi del disastro ha subito un'impennata del 40% grazie alla diffusione della serie tv Chernobyl, che ha avuto un grandissimo seguito di pubblico ed è stata apprezzata dai critici. Si parte da Kiev, la capitale dell'Ucraina, in autobus, e, dopo aver percorso 120 chilometri si arriva a Prypjat. Il reattore 4 è ora coperto da una cupola di metallo, che ha sostituito il primo sarcofago di cemento costruito a protezione. I visitatori, dotati di un rilevatore di radiazioni, possono visitare il bunker all'interno del quale vennero prese le decisioni assurde e fatali di quella notte. Poi si cammina nelle strade di Prypjat, città colpevolmente evacuata in ritardo e che non sarà più abitata per centinaia di anni. Svetta la ruota panoramica, che doveva essere inaugurata pochi giorni dopo il disastro, il primo maggio 1986. E poi gli occhi vengono catturati dagli edifici abbandonati, dai mezzi dei soccorritori lasciati in città perchè troppo radioattivi e anche dagli animali, cani, gatti, lupi, cavalli, bisonti e uccelli che, stupendo anche la scienza, sono riusciti a riprodursi e a vivere in un ambiente altamente contaminato. Secondi gli studi, si sono automodificati geneticamente.


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