26 novembre 2024, ore 17:30
Il legale di Filippo Turetta, reo confesso del femminicidio di Giulia Cecchettin, in aula per l'ultima udienza del processo. il 3 dicembre la sentenza.
Filippo Turetta proverà ad evitare l’ergastolo, chiesto ieri dal pubblico ministero per l’omicidio di Giulia Cecchettin. “Non sarà facile”, hanno dichiarato gli avvocati della difesa del ragazzo all'inizio dell’arringa che cecherà di ribattere alla tesi dell'accusa di un delitto premeditato. Impresa complicata, perché Turetta aveva creato una lista delle cose da fare e un piano di fuga che aveva appuntato in una nota sul telefono creata quattro giorni prima dell’11 novembre, quando lo studente di Torraglia (in provincia di Padova) rapisce in un parcheggio di Vigonovo l’ex fidanzata. Giulia viene trascinata in un viaggio che termina vicino Venezia dove una telecamera inquadrerà i suoi ultimi attimi di vita. Il corpo della giovane verrà ritrovato il 18 novembre nella zona di Barcis vicino Pordenone, il ragazzo che diceva di amarla, l’aveva fatto rotolare giù per 50 metri in un canalone e poi era scappato. È stato fermato in Germania il giorno successivo al ritrovamento del cadavere, il 19 novembre del 2023, ponendo fine al tentativo di fuga, ma anche a quello di mettere fine alla sua vita, come racconterà agli inquirenti. Lo studente aveva provato diverse volte a suicidarsi con un coltello alla gola, senza riuscire ad affondare la lama.
L'ARRINGA DIFENSIVA
“Ergastolo è da molto tempo ritenuto una pena inumana e degradante, le pene devono tendere alla rieducazione” dice Caruso, il legale della difesa dell’omicida reo confesso. Turetta non teme la pena detentiva a vita, secondo il legale, perché “l'unico ambiente in cui Filippo Turetta può incrociare umanità è il carcere. È consapevole che gran parte della sua vita la trascorrerà in carcere” continua. Poi, si concentra su quell’elenco delle cose da fare, che è alla base della richiesta dell’aggravante della premeditazione, che costerebbe al 23enne all'ergastolo. L'avvocato domanda alla Corte “siamo sicuri che quella lista non sia una fantasia di agiti violenti? Denota davvero un proposito chiaro quella persistenza verso l'omicidio?''. "La premeditazione -sottolinea il legale - non c'è stata”. L'aggressione è stata dovuta a un “cortocircuito”, Turetta era “in preda all'emotività un'alterazione emotiva”, sferra ''colpi alla cieca -specifica- omicidio efferato, ma non c'è l'aggravante della crudeltà né della premeditazione”.
NON C'E' PREMEDITAZIONE
Voleva rapirla per farle cambiare idea, per convincerla a tornare con lui. Il 23enne di Torraglia che ha confessato di aver ucciso la ‘sua’ Giulia con 75 coltellate, secondo i suoi legali non sarebbe stato in grado di organizzare l’omicidio perché Turetta è troppo insicuro, “insicuro di fare gli esami, non sa se riprendere a giocare a pallavolo, non sa se Giulia è ancora innamorata di lui”, dice l’avvocato scusandosi con il suo assistito. In chiusura della sua arringa, il legale si appella a un principio di legalità che “impone di giudicare il giovane con un 'braccio legato dietro alla schiena', è la magna carta della giustizia -continua l’avvocato-, che protegge anche questa Corte oltre a Turetta” come a dire niente emozioni, solo interpretazione dei codici. Vedremo se questa lettura dei fatti riuscirà a montare la teoria dell’accusa. Lo sapremo il 3 dicembre, quando verrà resa pubblica la sentenza. Intanto, Gino il papà di Giulia non è in aula, a lui lo scudo dei principi non è bastato per proteggere la figlia.