16 luglio 2021, ore 17:52
Pubblicate le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo per i due americani per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. Gli imputati hanno agito presumibilmente per evitare l’arresto.
“Allarmante la personalità degli imputati nonostante la loro giovane età: la sconcertante perpretazione di gravi reati posti in essere in un'inquietante escalation di illegalità, l'adesione a modelli comportamentali devianti, l'esaltazione delle droghe e l'ostentazione di armi e denaro quali simboli di affermazione documentati dalle immagini rinvenute sui loro telefonini, evidenziano la indubbia capacità criminale di entrambi”. Lo scrivono i giudici della prima Corte d'Assise di Roma, nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 5 maggio hanno emesso la condanna all'ergastolo per i due imputati, gli americani Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth per l'omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega ucciso con undici coltellate il 26 luglio del 2019. La sentenza aveva accolto le richieste della procura di Roma con il pm Maria Sabina Calabretta.
Cosa scrivono i giudici
Nelle 346 pagine di motivazioni i giudici scrivono: “A fronte di una vicenda così drammatica emerge la frustrazione di due ragazzi entrambi di famiglie benestanti, che si trovano in Italia, in vacanza e quella sera cercavano lo sballo a Trastevere, volevano assumere alcol e cocaina, ricevuta la sola da Brugiatelli e da Pompei pianificano la richiesta estorsiva non già perché la somma loro sottratta sia importante, tutti e due ammettono che 80 euro non era un importo rilevante per loro, ma la frode subita suscita in loro rabbia, voglia di rivalsa, devono dimostrare a loro stessi che nessuno può raggirarli così facilmente”, scrivo i giudici nel motivare la sentenza di condanna all’ergastolo, proseguendo sostenendo che “Entrambi al processo continuano a manifestare sostanziale distacco dalle vicende di quella notte e dal loro tragico epilogo, mai manifestano segni concreti di ravvedimento, nessuna rielaborazione in chiave critica di quelle condotte, al contrario fanno di tutto per diminuire le loro obiettive responsabilità".
L’atteggiamento degli imputati
Nelle motivazioni, i giudici della prima Corte d'Assise di Roma hanno sottolineato che “l'atteggiamento degli imputati è sempre volto a sminuire le loro responsabilità. Nessun atteggiamento convinto e convincente di rielaborazione critica di quanto commesso, nessun pentimento. A fronte di tali risultanze non si ravvisano elementi positivamente apprezzabili per riconoscere le circostanze attenuanti generiche". Sempre secondo i giudici “I due imputati hanno agito all'interno di un programma condiviso e voluto da entrambi, l'azione delittuosa inizia insieme e termina insieme”. Una sentenza che aveva accolto le richieste della procura di Roma “Perché i due carabinieri comandati in quel servizio dalla centrale operativa, avrebbero dovuto attaccare senza proferire parola i due ragazzi? Al contrario, i due imputati, sono consci di trovarsi in una situazione di illiceità, sono consapevoli di aver commesso più reati, quando si rendono conto di trovarsi di fronte a carabinieri devono sovrastarli, costi quel costi” hanno sottolineano i giudici.