12 ottobre 2024, ore 14:13
Una donna potrebbe esser stata in ufficio nel giorno in cui fu uccisa la ventenne romana. Sa forse qualcosa che possa aiutare a risolvere un cold case che va avanti da 34 anni?
E’ uno dei delitti irrisolti che più ha sconvolto il nostro Paese. E ora si scopre che potrebbe esserci una testimone, una donna che ha firmato il suo ingresso, sul foglio presenze, ma non l’uscita dall’ufficio di via Carlo Poma in quel pomeriggio di martedì 7 agosto 1990, quando un assassino tutt’ora ignoto accoltellò e uccise Simonetta Cesaroni.
LA RIVELAZIONE NEI DOCUMENTI
Dall’analisi dei fogli firma – spariti 34 anni fa e trovati solo di recente – è emerso che quel giorno d’estate, in una capitale semi-deserta, in ufficio con Simonetta Cesaroni c’era una collega. Una persona che però, allora, affermò di non essere andata al lavoro. Il suo nome compare nel foglio presenze, antenato dell’attuale badge, all’ingresso ma non in uscita dall’ufficio. Allora perché ha detto di non aver lavorato quel giorno? Forse per non dover dichiarare agli inquirenti di aver visto qualcuno con Simonetta? E poi perché i fogli firma sono spariti per 34 anni? All’epoca avrebbero potuto aiutare gli inquirenti che sentirono molti dei dipendenti dell’Aiag (associazione italiana ostelli della Gioventù) che risposero di non conoscere Simonetta, di non averla mai vista in ufficio.
UN DELITTO SPIETATO
La scoperta viene fatta a tarda sera, Paola, la sorella di Simonetta, arriva nel complesso di via Poma, e chiede al portiere di aprire la porta dell'ufficio. La vittima giace senza vita, sul corpo i segni di 29 coltellate come riporta l'esame medico legale, , sul volto un’ecchimosi che fa pensare sia stata colpita al volto prima di essere accoltellata. Indosso ha soltanto i calzini e il reggiseno, mentre il corpetto le è stato appoggiato sul ventre, l'assassino porta via i vestiti e i gioielli di Simonetta. Tutto intorno gli agenti notano la poca presenza di sangue nonostante l’efferata azione delittuosa, come se la zona fosse stata ripulita. Tra le tracce ematiche che vengono repertate ce ne sono alcune anche sulla porta e sul telefono.
L’INCHIESTA PRIMA DI TORNARE DI NUOVO IN AULA
Tre le inchieste con altrettanti indagati poi scagionati perché ritenuti innocenti (prima il portiere dello stabile Pierino Vanacore “suicidatosi” nel 2010, poi il figlio dell’architetto Cesare Valle che all’epoca viveva in quel palazzo e infine il fidanzato di Simonetta) mentre la famiglia, oggi con la sorella della vittima, Paola, continua a chiedere la verità. Il 19 novembre si deciderà sulla richiesta per l'archiviazione.