Omicidio Saman, uccisa con una corda e gettata nel Po, racconto choc del cugino indagato ad altro detenuto

Omicidio Saman, uccisa con una corda e gettata nel Po, racconto choc del cugino indagato ad altro detenuto

Omicidio Saman, uccisa con una corda e gettata nel Po, racconto choc del cugino indagato ad altro detenuto


24 settembre 2022, ore 14:17

Un assassinio brutale: la giovane pachistana sarebbe stata strangolata dallo zio con il concorso di due cugini, poi fatta e pezzi e gettata nel Po. I dettagli raccontati da uno degli indagati, il cugino Ijaz a un altro carcerato, verifiche in corso degli inquirenti

E' un racconto choc di un omicidio di famiglia, ordito nei confronti di una ragazza che aveva come una unica colpa quella di voler vivere liberamente, di amare liberamente. I dettagli sono emersi nella conversazione che uno degli indagati del delitto in carcere Ikram Ijaz, cugino di Saman

La morte di Saman

Saman sarebbe stata tenuta ferma dallo stesso Ikram Ijaz e dall'altro cugino Nomanhulaq Nomanhulaq, così da permettere allo zio Danish Hasnain di strangolarla con una corda. La madre, Nazia Shaheen, in preda a una crisi di pianto, sarebbe stata allontanata dal marito, Shabbar Abbas. Il contributo di un uomo misterioso sarebbe arrivato poi per finirla, infilare il corpo in un sacco, caricarlo su una bici e poi, dopo averlo fatto a pezzi, gettarlo nel Po.  Queste dichiarazioni per i carabinieri di Reggio Emilia sono credibili solo in parte.

VERSIONE DA VERIFICARE

Le confidenze di Ijaz, arrestato su un autobus in Francia il 31 maggio 2021 - il primo ad essere catturato - sono state fatte in due occasioni e riassunte in annotazioni del 20 e del 29 ottobre di quell'anno. Mentre nel primo caso, in cui il cugino della diciottenne pachistana aveva riferito di non aver preso parte all'omicidio commesso dai parenti, ma di esserne a conoscenza da Nomanhulaq, ci sarebbero elementi non veritieri e depistanti, il secondo racconto è per gli investigatori più realistico, seppur con punti ritenuti fantasiosi. Forse si sarebbe corretto, anche dopo aver letto gli atti del fascicolo giudiziario, nel frattempo tradotti, per aderire il più possibile agli elementi in possesso degli inquirenti così da essere più credibile.

Il delitto di Saman voluto dal padre

Nel racconto annotato il 29 ottobre Ijaz dice che l'omicidio è stato organizzato dai genitori, in particolare dal padre che non riusciva più a gestire la figlia. La sera del 30 aprile Shabbar avrebbe chiesto alla moglie di fare una camminata con Saman nelle vicinanze della loro casa di Novellara. Lui le avrebbe seguite da vicino e una volta superate le serre - non è chiaro quali visto che nella zona ce ne sono diverse - le due sarebbero state raggiunte dallo zio Danish, dallo stesso Ijaz e dall'altro cugino Nomanhulaq. Avrebbero bloccato mani e piedi alla ragazza e la madre a quel punto avrebbe iniziato a piangere e così il marito l'avrebbe allontanata. Danish avrebbe strangolato la ragazza con una corda e il padre avrebbe chiamato un altro uomo, con il volto coperto da un passamontagna, che li avrebbe raggiunti in poco tempo, probabilmente gia' preallertato, e che avrebbe preso le redini delle operazioni. Ijaz ha sostenuto che lui e il padre sarebbero tornati indietro, mentre il personaggio misterioso, Danish e Nomanhulaq si sarebbero occupati di trasportare il corpo verso il fiume, in sella a una bici.

La madre non intervenne a salvare la figlia

 La madre della 18enne che ha avuto parte attiva nel consegnare la figlia ai suoi aguzzini , avrebbe poi avuto un crollo emotivo, secondo il racconto di Ijaz,  e sarebbe scappata in lacrime dalla scena del crimine. Si tratta di un racconto che, così come gli altri elementi emersi durante le indagini, sono è agli atti del processo che inizierà a febbraio. Rinviati a giudizio per omicidio e occultamento di cadavere sono cinque famigliari di Saman: lo zio Danish Hasnain, 34 anni, i due cugini, Ikram Ijaz, 28 anni, e Nomanhulaq Nomanhulaq, 35 anni, e i genitori della 18enne Shabbar Abbas, 46 anni, e Nazia Shaheen, 47 anni, tuttora latitanti in Pakistan. I primi tre sono stati arrestati nei mesi scorsi tra Francia e Spagna ed estradati in Italia.


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