02 novembre 2021, ore 10:32
L'operazione "Nemesi" ha portato all'esecuzione di 58 misure cautelari. Coinvolti nel traffico e lo spaccio della droga anche donne e bambini. Interi nuclei familiari gestivano la cessione degli stupefacenti nel quartiere Sperone. Il giro d'affari si aggirava intorno al milione e mezzo di euro all'anno
Una maxi organizzazione dedita al traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti che aveva il suo fulcro nel lavoro di interi nuclei familiari, donne e minori compresi . A metter fine agli affari della banda ci hanno pensato i carabinieri di Palermo San Lorenzo che, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, hanno dato esecuzione a 58 misure cautelari, 37 in carcere, 20 ai domiciliari e un obbligo di dimora. L’operazione "Nemesi" ha permesso di smantellare una delle più importanti piazze di spaccio del sud Italia. “Un vero e proprio supermercato, aperto h24, permanentemente presidiato dove era possibile acquistare cocaina, crack, hashish e marijuana”. Lo ha dichiarato il tenente colonnello Angelo Pitocco, comandante del Gruppo carabinieri Palermo. Tutto avveniva nel quartiere palermitano di Sperone e fruttava agli affiliati oltre un milione e mezzo di euro all’anno.
Baby pusher
Secondo le indagini iniziate nel 2018, a guidare l’attività di spaccio erano interi gruppi familiari, ciascuno dei quali aveva in gestione singole zone. La cessione degli stupefacenti avveniva senza problemi anche nei pressi di edifici scolastici e molto spesso vedeva protagonisti anche baby pusher. “Si è appurato come gli spacciatori usassero, indistintamente, gli inospitali meandri degli edifici, le strette vie del quartiere, le abitazioni dei promotori e, addirittura, le camerette dei figli minori, con funzioni di stoccaggio, lavorazione e cessione della Droga”, fanno sapere dall’Arma. Il lavoro degli investigatori ha permesso di far luce sull'organigramma e le dinamiche interne all'associazione. A occuparsi del rifornimento della droga, delle strategie di spaccio e della raccolta dei proventi era il vertice dell'organizzazione, a cui facevano riferimento tre distinti gruppi criminali, ognuno dei quali con a capo una famiglia che organizzava autonomamente la propria piazza di spaccio e impartiva precise direttive ai pusher. I clienti, secondo quanto accertato, arrivavano da diverse province siciliane.
Le donne
Gli investigatori palermitani hanno anche chiarito il ruolo che avevano le donne nell’organizzazione. Un ruolo di primo piano che andava dalla gestione contabile fino all’assunzione di posizioni di vertice nel caso in cui i figli, i mariti o i compagni finissero in carcere. In questi casi le famiglie dei detenuti potevano contare su parte dei profitti dello spaccio che venivano messi a disposizione per il sostentamento e il pagamento delle spese legali.