Parlamento, in aula alla Camera e al Senato tensione e scontro sul caso di Ilaria Salis e sul premierato

Parlamento, in aula alla Camera e al Senato tensione e scontro sul caso di Ilaria Salis e sul premierato

Parlamento, in aula alla Camera e al Senato tensione e scontro sul caso di Ilaria Salis e sul premierato Photo Credit: Agenzia Fotogramma


A Palazzo Madama è andato in scena un attacco del capogruppo del Pd, Francesco Boccia, al presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni. Uno scambio acceso che finisce con la richiesta del senatore di Fdi di convocare un Giurì d'onore

Clima teso alla Camera, durante l'informativa del ministro Antonio Tajani sul caso Salis. Una tensione che si è manifestata già durante l'intervento del ministro degli Esteri, nel passaggio in cui escludeva per ragioni di sicurezza la possibilità di arresti domiciliari in ambasciata per la cittadina italiana detenuta in Ungheria: "Quali sarebbero i problemi di sicurezza? Avete paura ci siano neonazisti in Ambasciata?", ha detto dai banchi il responsabile esteri dem Giuseppe Provenzano. Tajani ha invece spiegato che il problema sono i documenti riservati custoditi in ambasciata, e la necessità di tutelare la sicurezza dello Stato.


Donzelli-Delmastro

Risposta che ha dato l'occasione a Provenzano di rievocare il caso Donzelli-Delmastro: "Non avevate la stessa preoccupazione con la documentazione segreta del ministero della Giustizia", ha ribattuto Provenzano. Scontro ancora più acceso durante l'intervento del verde Angelo Bonelli, che poi in Transatlantico spiegherà che "per ben tre volte" Tajani abbia riso ascoltando le sue parole. "Continui a ridere, continui a ridere... - ha detto in Aula Bonelli all'indirizzo di Tajani - Lei deve avere rispetto, lei non si può permettere di ridere quando un parlamentare della Repubblica parla, lei non se lo può permettere, chiaro?".


Le riforme

Ma non solo. Le tensioni politiche sulle riforme istituzionali irrompono nell'aula del Senato dove, durante l'esame del ddl Nordio, è andato in scena un attacco del capogruppo del Pd, Francesco Boccia, al presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni. Uno scambio acceso che finisce con la richiesta di Balboni di convocare un Giurì d'onore. Ieri sera, durante i lavori della commissione Affari costituzionali, ha detto Boccia, è avvenuto un qualcosa che "mai, dico mai" era avvenuto prima, si sono superati "limiti" che riguardano il "rapporto non solo tra maggioranza e opposizione, ma anche tra presidente di commissione e componenti". A Tito Magni (Avs), ha raccontato l'esponente Dem, "è stato detto che sarebbe stata chiamata la forza pubblica, addirittura, in una commissione parlamentare". Boccia ha ricordato che il presidente deve tutelare "anche i miei diritti, quelli del mio gruppo parlamentare e quello dei gruppi parlamentari di opposizione". Perché "lei - ha aggiunto - non è lì per rispondere al governo Meloni. Lei è lì per rispondere al Parlamento, al Senato". E i tempi dei lavori "devono essere decisi prima. Non esiste che si faccia un'intesa sui tempi e poi il presidente, unilateralmente, senza nemmeno ascoltare l'Ufficio di Presidenza, decida che, da un certo momento in poi, si va avanti", ha aggiunto spiegando su cosa si era incentrata la querelle. "Nessuno di noi può dire: qui comando io e si fa come dico io, perché tale comportamento non appartiene alla stagione repubblicana e io non vorrei che fosse l'ennesima dimostrazione di una insofferenza alle regole, l'ennesima dimostrazione di un'insofferenza verso un modello che noi continuiamo a difendere", ha concluso Boccia.


Balboni

Accuse respinte al mittente da Balboni, il quale riferisce tutta un'altra storia. "Il gruppo Pd - puntualizza - ieri sera è entrato in prima commissione per imporre ciò che non era stato stabilito" stravolgendo decisioni assunte "all'unanimità". Durante l'illustrazione di un emendamento, "Magni si è alzato al suo fianco, incombendo su di lei e urlando a più riprese, impedendo alla senatrice Musolino di svolgere il suo intervento. All'ennesimo richiamo, poiché il senatore Magni non smetteva di urlare e sbraitare, ho detto: chiamiamo la forza pubblica. Intendevo i commessi, ovviamente". E ha tenuto a sottolineare: "io non mi sono mai permesso di ridere degli emendamenti del senatore Magni; lo hanno fatto i colleghi del Pd. Questa è la verità. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Chiedo un Giurì d'onore e chiedo che vengano sentiti i funzionari che erano presenti". A buttare "un po' di acqua sul fuoco" il presidente dei senatori della Lega, Massimilano Romeo, con l'invito a "convocare un ufficio di presidenza ad hoc dove vengano chiarite tutte queste incomprensioni, questi fraintendimenti, queste tensioni che possono capitare nell'ambito del normale svolgimento dei lavori su temi importanti".


Magni

Dopo lo scontro in aula, Magni è tornato sulla questione con un comunicato dove ha ribadito la sua posizione": "Non nutro nessun rancore personale verso il presidente Balboni. E' un problema puramente politico. Per me la questione personale è finita già ieri sera. Non permetto però a nessuno di mettere in discussione le posizioni che abbiamo presentato sulla questione del premierato. Noi, a differenza dei 5 Stelle, abbiamo presentato 1000 emendamenti, perché non siamo d'accordo e abbiamo utilizzato uno strumento democratico per cercare di dire la nostra. Non è permesso a nessuno ridicolizzare la nostra posizione".



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