Parthenope, la recensione del nuovo film di Paolo Sorrentino

Parthenope, la recensione del nuovo film di Paolo Sorrentino

Parthenope, la recensione del nuovo film di Paolo Sorrentino   Photo Credit: Agenzia Fotogramma.it


23 settembre 2024, ore 17:00

Le anteprime di mezzanotte proseguiranno fino a mercoledì, poi la pellicola sarà in sala dal 24 ottobre

In alcune sale d’Italia, fino al 25 settembre, la chiusura è stata allungata oltre mezzanotte, per fare posto alle anteprime notturne del nuovo film di Paolo Sorrentino “Parthenope”, che poi arriverà alla sua distribuzione massiccia dal 24 ottobre prossimo. Il film si muove in bilico tra “La grande bellezza” (2014) ed “È stata la mano di Dio” (2021), preservando quello stile inconfondibile del cinema di Sorrentino. Il cast è formato da Celeste Dalla Porta, Silvio Orlando, Stefania Sandrelli e Gary Oldman. 


PARTHENOPE, LA TRAMA

La pellicola, che figura nella rosa di nomi che l’Anica potrebbe selezionare come film di bandiera per rappresentare il nostro paese agli Oscar 2025, racconta la vita di Partenope, che ha preso il nome dalla sua città, Napoli. Non è una sirena né un mito partenopeo e la sua storia ha inizio con la sua nascita, avvenuta nel 1950, e vede ripercorso tutto il lunghissimo repertorio della sua esistenza: la spensieratezza e il suo svenimento, la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori inutili e quelli impossibili, i flirt stantii e le vertigini dei colpi di fulmine, i baci nelle notti di Capri, i lampi di felicità e i dolori persistenti, i padri veri e quelli inventati, la fine delle cose, i nuovi inizi.

Intorno a lei ci sono gli altri, uomini e donne vissuti, osservati, amati con le loro derive malinconiche, gli occhi un po' avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una via del centro. Sempre in compagnia dello scorrere del tempo, questo fidanzato fedelissimo e di una Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male.


SORRENTINO E CANNES

Tutto è iniziato a Cannes, esattamente come la maggior parte dei titoli di Paolo Sorrentino. Proprio in Francia il regista napoletano si era già distinto nel 2008 quando vinse il Premio della giuria con Il Divo. C’era già stato nel 2004 con Le conseguenze dell’amore, e con L’amico di famiglia nel 2006, ma senza portare a casa nulla. Perfino nel 2013 La grande bellezza non portò a casa niente dalla Croisette, in quell’annata in cui in giuria c’era Steven Spielberg che preferì La vita di Adele. Una pellicola che la Francia stessa però si rifiutò di candidare agli Oscar 2014, spianando così la strada al nostro Sorrentino con l’epilogo che tutti noi conosciamo. Chissà cosa sarebbe successo se le cose per quel film di Abdellatif Kechiche fossero andate diversamente. Poco importa. Paolo Sorrentino oggi si è guadagnato il prestigio internazionale e torna sulla scena con una pellicola che nuovamente è stata snobbata dal concorso francese ma che finalmente arriva alla prova del botteghino e del pubblico, quello che l’autore si è costruito nel tempo.


L’IMPORTANZA DI GUARDARE

Parthenope, soprattutto se paragonato all’ultima fatica cinematografica di Paolo Sorrentino (È stata la mano di Dio), appare sostanzialmente come un passo indietro, come un'opera minore che però conserva quel tocco da maestro che l’autore continua a perfezionare pellicola dopo pellicola. La messa in scena è raffinata e magnifica, così virtuosa e ambiziosa in ogni sua inquadratura. Sembra che Sorrentino realizzi in ogni fotogramma l'immagine della sua vita, impegnandosi al massimo come se ogni quadro dovesse essere l'ultimo della sua carriera. Astrazione e seduzione in un film abitato da figure aleatorie e grottesche, maschere pittoresche che popolano uno scenario sempre in bilico tra il sogno e l’incubo, tra realtà e finzione. Non c’è nulla di ordinario in Parthenope, come del resto non c’è mai stato posto per la normalità nel cinema di Sorrentino. Il tutto però non viene sostenuto a dovere dalla narrazione che spesso si perde nei suoi stessi labirinti visivi, disegnando in modo superficiale alcuni aspetti che sembrano vuoti e abbozzati. Celeste Dalla Porta, attrice protagonista qui alla sua prima opera, risulta scarica e senza appeal, trovandosi sempre più piccola di tutto ciò che Sorrentino le costruisce intorno. Forse il problema più grande del film è proprio lei che risulta sempre in ritardo, trovandosi a sorreggere una pellicola pesante da sola, annaspando dall’inizio alla fine. La pellicola però vanta anche dei picchi veramente memorabili, vette artistiche che possiedono tutto ciò che di meglio Sorrentino può confezionare in un film. Parthenope assomiglia a quelle terrazze meravigliose a cui ci aggrappa per afferrare un pò di bellezza, quello stupore prodotto dalla natura e dal mito che quando si condensano, riescono a creare qualcosa di unico. Quel qualcosa è presente nel film di Sorrentino che forse, vuole semplicemente sussurrarti che il segreto della vita stessa non è nel raccontare ma semplicemente nel guardare.



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