09 novembre 2021, ore 17:00
Niente indennizzo per malattia nè riconoscimento di invalidità per i lavoratori ai quali capita un infortunio mentre consumano il 'rito' della pausa caffè in orario di servizio
La Cassazione ha così stabilito: niente indennizzo per malattia nè riconoscimento di invalidità per i lavoratori ai quali capita un infortunio mentre consumano il "rito" della pausa caffè in orario di servizio, anche se hanno il permesso del capo per andare al bar all'esterno dell'ufficio sguarnito di un punto ristoro. La Cassazione ha accolto il ricorso dell'Inail contro indennizzo e invalidità del 10% in favore di una impiegata della Procura di Firenze che si era rotta il polso cadendo per strada mentre, autorizzata, era uscita per un caffè. La pausa caffè non è una esigenza impellente e legata al lavoro ma una libera scelta.
Scelta del lavoratore
Una caduta durante la pausa caffe all’esterno dell’ufficio non rientra nei caratteri dell’infortunio sul lavoro. Nessun diritto all’indennizzo. La sezione Lavoro della Cassazione ha dato, così torto a un’impiegata che nel luglio 2010, in servizio presso la procura della Repubblica di Firenze, si era infortunata a un polso cadendo, mentre tornava in ufficio da un vicino bar dove aveva preso il caffè con due colleghe. La Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dall’Inail e, decidendo nel merito, ha respinto le richieste della donna. Il tribunale e la Corte d’appello di Firenze, invece, avevano accolto il ricorso della lavoratrice, osservando che la pausa “era stata autorizzata dal datore di lavoro” e che “era assente il servizio bar all’interno dell’ufficio”. L’Inail, dunque, si era rivolto alla Cassazione, sostenendo che non possono essere ravvisati “nell’esigenza, pur apprezzabile, di prendere un caffè” i caratteri del “necessario bisogno fisiologico che avrebbero consentito di mantenere la stretta connessione con l’attività lavorativa”.