03 settembre 2021, ore 17:55 , agg. alle 19:40
L’inchiesta era partita nella primavera del 2020 dopo una segnalazione della Fieg, nove gli indagati, in sei diverse regioni, ignoti gli amministratori degli altri 320 canali
"Ci chiuderanno tutto" per cui "l'unica cosa che posso fare e' svelarvi dove scarico i giornali e ognuno per la propria strada prima che finiamo tutti in merda". Con questo messaggio, intercettato dagli investigatori è cessata la diffusione fuorilegge di migliaia di copie di quotidiani, periodici, ebook, file musicali, film e fumetti. Erano disponibili su chat di Whatsapp e canali Telegram. A scrivere il messaggio per la cessazione di servizi che fruttavano proventi, uno degli amministratori dei canali pirata che, vistosi scoperto, avvertiva i propri utenti di dover interrompere il servizio illegale.
GLI ACCERTAMENTI AVVIATI DOPO UNA SEGNALAZIONE DELLA FIEG
La Procura di Bari ha concluso gli accertamenti, partiti nella primavera 2020 dopo una segnalazione della Federazione Italiana Editori giornali. Sono stati tracciati e identificati nove amministratori di altrettanti canali Telegram e di decine di chat, ora indagati per violazione della legge sul diritto d'autore. Sono uomini e donne di eta' compresa tra i 59 e i 20 anni, residenti in diverse regioni italiane (Lazio, Puglia, Veneto, Sicilia, Marche, Campania), avrebbero sfruttato la diffusione dei files pirata "con lo scopo - si legge nelle imputazioni - di guadagnare denaro attirando iscritti e inducendoli anche a perfezionare l'acquisto di prodotti Amazon". Addirittura uno dei canali, gestito da un 47enne di Ceccano, in provincia di Frosinone, si chiamava "Amazon notizie", associando così la diffusione dei giornali alla merce in vendita.
FILE MUSICALI A PAGAMENTO DA MILAZZO
4.089 files musicali erano inseriti nell’archivio di un canale che si chiamava Telegram "Music World", gestito da un 20enne di Milazzo (Messina), il sistema illecito prevedeva la ricezione di "denaro dagli iscritti, tramite l'accredito su una apposita money box associata al canale". L'inchiesta, affidata alla Guardia di Finanza, coordinata dal procuratore facente funzione Roberto Rossi, ha portato complessivamente alla chiusura di 329 canali Telegram sui quali venivano diffusi illecitamente i files pirata, ma solo per nove di questi e' stato possibile risalire all'identita' degli amministratori, per gli altri si lavora ancora. I fatti risalgono al periodo tra maggio 2018 e agosto 2020, con un danno stimato al solo settore dell'editoria pari a 670 mila euro al giorno, circa 250 milioni di euro all'anno. "Non vi e' dubbio - si legge negli atti – che un fenomeno delle dimensioni di centinaia di milioni di euro di danno, presenta una gravita' particolare perche' incide sulla tutela costituzionale della liberta' di pensiero, base di ogni democrazia". Nel corso delle indagini qualche mese fa, alcuni mesi fa, a seguito di perquisizioni, gli investigatori hanno sottoposto a sequestro anche alcuni siti web pirata, ipotizzando a carico degli amministratori, rimasti ignoti, i reati di riciclaggio, ricettazione, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico e furto.