Per la prima volta in Italia autorizzato il suicidio medicalmente assistito, lo ha chiesto un 43enne tetraplegico dopo un incidente stradale
23 novembre 2021, ore 09:18 , agg. alle 09:33
L'autorizzazione è arrivata dal Comitato etico della Asur marchigiana e dopo una lunga battaglia legale condotta dall'uomo con l'Associazione Luca Coscioni. Secondo gli esperti sono presenti le condizioni poste nella sentenza della Corte Costituzionale del 2019 sul caso di Dj Fabo. Ora dovrà essere stabilita la procedura
“Adesso mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutte le tensioni accumulate in questi anni”. Sono le parole pronunciate da Mario, il suo nome è di fantasia, da 10 anni tetraplegico per un tragico incidente stradale. Il suo primo commento a una decisione storica per l’Italia e che riguarda la sua sorte. Dopo 13 mesi di un vero e proprio calvario giudiziario, ha finalmente ricevuto la notizia che potrà accedere al suicidio medicalmente assistito e sarà la prima volta nel nostro Paese. Il via libera è arrivato dal Comitato etico dell’Asur Marche di Ancona. Il gruppo di esperti ha accertato la presenza delle condizioni poste dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 242 del 2019 sul caso di Dj Fabo. Per Mario la vittoria della battaglia, per l’Associazione Luca Coscioni, che è stata al suo fianco in questi mesi, il primo passo verso il riconoscimento del diritto di decidere della propria vita. Per chiedere che anche in Italia sia riconosciuta l’eutanasia, l’associazione di Marco Cappato ha raccolto oltre un milione e 200 mila firme.
Le condizioni della Corte Costituzionale
Il comitato etico della Asur marchigiana si è mosso sulle orme tracciate dalla Consulta e dopo una sentenza del tribunale di Ancona dello scorso agosto che aveva invitato a verificare se vi fossero i presupposti per applicare il suicidio medicalmente assistito. Secondo i giudici costituzionali, infatti, sono necessarie 4 condizioni: che il paziente sia tenuto in vita tra trattamenti di sostegno vitali; che sia affetto da una patologia irreversibile, che la malattia sia fonte di sofferenze intollerabili; che il paziente sia pienamente in grado di prendere decisioni libere e consapevoli. Mario, 43 anni, camionista prima che l’incidente cambiasse la sua esistenza, rientra perfettamente in questi requisiti. Ora si pone il problema di come la procedura dovrà essere attuata. “Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha a tutti gli effetti legalizzato il suicidio assistito, nessun malato ha finora potuto beneficiarne, in quanto il Servizio Sanitario Nazionale si nasconde dietro l'assenza di una legge”, ha commentato il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato. “E’ molto grave la lunga attesa che ha dovuto subire- aggiunge Filomena Gallo, co-difensore di Mario e segretario dell'Associazione - Forniremo, in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo per Mario, in base alle sue condizioni”.
“Si mettano da parte ideologie e ipocrisia”
Di certo sarà proprio il 43 enne a dover avviare la somministrazione di un farmaco per porre fine alla sua vita. “Nessuno - dice in un video - può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni e condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perche' si sta giocando sul dolore dei malati”. Un ultimo passaggio di una battaglia che Mario, con l’associazione Luca Coscioni, ha condotto dal letto in cui è costretto da 10 anni.