24 aprile 2024, ore 18:00
La 1a del Senato ha concluso l’esame del provvedimento costituzionale, conferendo il mandato al relatore, il presidente della commissione Alberto Balboni (FdI). E’ stata cambiata la norma anti-ribaltone, che però potrebbe subire ulteriori cambiamenti in aula
Da una riscrittura della cosiddetta norma ‘anti-ribaltone’ a un limite dei mandati per il presidente del Consiglio eletto. Sono queste alcune delle modifiche approvate dalla commissione Affari costituzionali al ddl premierato. Questa mattina la 1a di Palazzo Madama ha concluso l’esame della riforma costituzionale, conferendo il mandato al relatore, il presidente della commissione Alberto Balboni (FdI).
L’aula
Il testo è così pronto per l’aula, dove potrebbero arrivare ulteriori modifiche. Gli emendamenti approvati al testo del Governo, composto da cinque articoli, sono stati pochi. Gran parte delle proposte di modifica, a firma dei gruppi di opposizione, sono state respinte dalla 1a di Palazzo Madama. I primi voti erano iniziati il 3 marzo e l’esame degli emendamenti si è concluso il 17 aprile, cioè la scorsa settimana. L’esame del ddl premierato era iniziato in commissione Affari costituzionali lo scorso 23 novembre, cioè pochi giorni dopo la chiusura dell’esame del ddl sull’Autonomia differenziata (21 novembre).
Le novità
Vediamo le principali novità approvate alla riforma costituzionale: CAMBIA LA NORMA ‘ANTI-RIBALTONE’ - Con l’ok all’emendamento del Governo presentato alla riforma viene stabilito che “in caso di revoca della fiducia al presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere”. Mentre “in caso di dimissioni del presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone”.
Il PdR
Qualora “non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l'incarico di formare il Governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio", stabilisce ancora l’emendamento, che ha riscritto l’articolo 4 del ddl, cioè la cosiddetta norma ‘anti-ribaltone’. Una norma che potrebbe cambiare ulteriormente durante l’esame in aula, visto che in commissione sono emersi alcuni dubbi - anche all’interno della stessa maggioranza - su alcuni aspetti ritenuti poco chiari.
Le opposizioni
Il testo ha incassato il voto favorevole dei gruppi di maggioranza - FdI, FI, Lega e centristi - e del gruppo Autonomie. No da Pd, M5s e Avs mentre Italia viva si è astenuta. Toni accesi nel dibattito in Commissione (riunita ieri sera e questa mattina) con le opposizioni che promettono battaglia dentro e fuori il Parlamento e la maggioranza a difendere la "bontà" del provvedimento "anti-ribaltone". "Una carica esplosiva piazzata sotto la nostra architettura costituzionale", attacca la senatrice M5s, Alessandra Maiorino. Di uno "scambio politico" tra premierato (al Senato) e autonomia (alla Camera) parla il capogruppo dell'Alleanza Verdi e Sinistra Peppe De Cristofaro, definendo i due provvedimenti come "le basi di una pericolosa torsione anti-democratica". Critiche che non scalfiscono la determinazione con cui la maggioranza intende proseguire l'iter della "madre di tutte le riforme" nel segno dell'anti-ribaltone e della stabilità di governo. "La democrazia con il premierato è rafforzata. Il testo garantirà una maggiore stabilità del sistema", sostiene - sempre in dichiarazione di voto in Commissione - il senatore FdI, Marco Lisei, derubricando come non veritiere le critiche dei partiti di minoranza "di una deriva autoritaria". "Questo testo crediamo che non tocchi minimamente le prerogative del Capo dello Stato", rimarca. Con l'elezione diretta del premier "vogliamo dare più potere ai cittadini e fermare, una volta per tutte, gli intrighi di palazzo, i transfughi e il trasformismo", rivendica Daniela Ternullo, di Forza Italia. Un "appello al governo" arriva da Andrea Giorgis. "Fermatevi - dice il senatore del Pd - avviamo prima un confronto vero. Noi alla vigilia della festa della Liberazione riaffermiamo la convinta adesione alla nostra Costituzione". Annunciando l'astensione del suo partito, Dafne Musolino di Italia viva ha detto che "la legge elettorale è la grande assente di questa riforma, è il convitato di pietra. Non si stabilisce come sarà il premio di maggioranza. Ci sono una serie di incognite che non possono essere lasciate tali". Il sì alla riforma è arrivato compatto da tutti i rappresentanti della maggioranza in Commissione Affari costituzionali. "Se il ddl va nell'ottica di ridare dignità alla politica allora la Lega vota a favore", sottolinea Daisy Pirovano senatrice del Carroccio per poi aggiungere che "come Lega abbiamo cercato di migliorare il testo e sappiamo che c'è spazio per miglioramenti in Aula". Il confronto sulla riforma per l'elezione diretta del capo del governo si giocherà su due fronti nei prossimi mesi. Da un lato in Parlamento e dall'altro nei gazebo delle piazze. Con i comitati civici pro-premierato presentati nei giorni scorsi da Fratelli d'Italia nell'eventualità del referendum confermativo - ipotesi plausibile in assenza dei due terzi dei voti in Parlamento - e con l'opposizione ad agire con altrettanta determinazione sui territori. Il premierato "è pericoloso e noi ne denunceremo la pericolosità in ogni sede. Noi si impegniamo a sponsorizzare un referendum popolare per fermarlo", promette Maiorino (M5s).