Qauarant'anni dalla strage di Ustica, Elisabetta Lachina: "Abbiamo aspettato le indagini, ricordare è importante"

Qauarant'anni dalla strage di Ustica, Elisabetta Lachina: "Abbiamo aspettato le indagini, ricordare è importante"

Qauarant'anni dalla strage di Ustica, Elisabetta Lachina: "Abbiamo aspettato le indagini, ricordare è importante"


27 giugno 2020, ore 21:30

La figlia di Giulia e Giuseppe Lachina racconta la perdita dei genitori nella strage in cui, non lontano dall'isola di Ustica, persero la vita 81 persone

Alle ore 20:59 di quarant'anni fa, il 27 giugno del 1980, precipitava a poca distanza dall'isola di Ustica l'aereo Douglas DC-9 della compagnia Itavia, partito poco prima da Bologna e con destinazione Palermo. Quarant'anni dopo le dinamiche di quanto accaduto sono ancora sconosciute. Ciò che è certo è che quel giorno persero la vita 81 persone, passeggeri ed equipaggio di un aereo di cui si sarebbero poco dopo ritrovati i resti in mare. "La strage è impressa nella memoria della Repubblica con caratteri che non si potranno cancellare" ha dichiarato il capo dello Stato Sergio Mattarella. "Nella ricorrenza dei quarant'anni, sentiamo ancora più forte il legame di solidarietà con i familiari delle ottantuno vittime e ci uniamo nel ricordo di chi allora perse la vita, con una ferita profonda nella nostra comunità nazionale".

La storia dei signori Lachina

Tra i passeggeri a bordo del volo c'erano anche Giulia e Giuseppe Lachina, i genitori di Elisabetta, intervenuta questa mattina su RTL 102.5 in occasione del quarantesimo anniversario della strage. Poche ore prima erano stati proprio loro a telefonare ai figli raccontando di essere in lista d'attesa per quel volo, e di come non fossero sicuri di riuscire a partire. Poi nulla, nessuna notizia. Fino ad una telefonata della zia alla stessa Elisabetta. Aveva sentito della strage al telegiornale, e l'aveva immediatamente chiamata. Sono ore concitate. Non ci sono notizie. Il fratello di Elisabetta parte immediatamente per l'aeroporto di Bologna, trovandovi parcheggiata l'automobile dei suoi genitori. Il segno, pur impossibile da accettare, che Giulia e Giuseppe erano su quel volo. "Rifiutavamo di pensare che fossero sul quell'aereo. Abbiamo chiamato tutti gli aeroporti, Bologna, Palermo, Roma, ma nessuno ci rispondeva". Sono momenti in cui Elisabetta ripensa all'ultima conversazione con il papà. "Se abbiamo fortuna riusciamo a prendere il volo" le aveva detto, magari approfittando della rinuncia di qualche altro passeggero, viste le due ore di ritardo della partenza. Dall'aeroporto "mio fratello mi chiamò e mi disse 'la macchina è al parcheggio, torno a casa'".

L'incertezza dei primi giorni

"Eravamo confusi, eravamo dei ragazzini. I primi giorni abbiamo cercato di sopravvivere a quello che ci era piombato addosso, qualcosa di troppo grande. In quello smarrimento abbiamo aspettato le indagini, e lì è iniziata la prima confusione. Aspettandole sono passati giorni, mesi anni". Anni in cui i familiari delle vittime, prima ancora degli inquirenti, hanno cercato in ogni modo di scoprire la verità sulla strage. "Dopo che il giudice Rosario Priore ha preso in mano le indagini, grazie al suo estenuante e difficoltoso lavoro, nel 1999 siamo riusciti ad arrivare ad una parte della verità. In questi anni la strage di Ustica è diventata un mistero, la più complessa indagine tecnica mai effettuata. Ci sono centinaia di pagine di perizie e fiumi di inchiostro. Un mistero che era conosciuto ma che doveva essere nascosto. Abbiamo vissuto un fardello quotidiano, aspettando di capire perché erano morti i nostri genitori e gli altri passeggeri a bordo".

L'importanza della memoria

"Ho dovuto raccontare a mia figlia di cinque anni come erano morti i suoi nonni. Inconsciamente abbiamo trasmesso ai nostri figli un trauma derivante dall'attesa della verità. Una cosa che non mi perdonerò mai". Elisabetta parla non facilmente di come sia impegnativo e complesso raccontare la strage: "Non è semplice, l'ho fatto nelle scuole, ho raccontato cosa vuol dire appartenere alla strage. Molti ragazzi non sapevano nemmeno cosa fosse. La memoria è importante".


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