15 novembre 2021, ore 16:00
Una ragazza del Bangladesh ha denunciato lo scorso sabato ai carabinieri di Ostia la madre e il fratello per averla aggredita più volte
Una 14enne si è rivolta ai carabinieri di Ostia, vicino a Roma, per sporgere denuncia contro i suoi familiari, più precisamente contro sua madre e suo fratello, quest’ultimo diciassettenne. Il motivo? Non voleva indossare il velo.
L’adolescente, originaria del Bangladesh, avrebbe raccontato ai militari di essere stata picchiata più volte dai familiari perché rifiutava di coprire il capo e l’educazione islamica imposta dalla famiglia. È stata anche minacciata di essere rispedita in Bangladesh
Dopo aver esposto tutte le sue ragioni e le sue testimonianze, è stata medicata all’ospedale Grassi per un lieve trauma cranico e graffi sul viso. Attualmente si trova in una struttura protetta e i carabinieri hanno inviato un’informativa alla Procura dei Minori: i due familiari sono stati al momento denunciati.
LE OPINIONI DI UNA PARTE DELLA POLITICA ITALIANA
L’utilizzo del velo è stato oggetto di varie discussioni e parte della politica italiana si è esposta in merito: "Episodi così drammatici sono intollerabili per una democrazia come la nostra che nella sua legge fondante, la Costituzione, prevede il rispetto delle diversità, delle differenti opinioni e della scelta religiosa- ha detto il senatore della Lega William De Vecchis. Ora spazio alla magistratura che farà luce sui contorni di una vicenda ancora poco chiara e, se verranno accertate, che i colpevoli paghino per le loro responsabilità; va detto però con chiarezza che il fanatismo religioso islamista è incompatibile con la nostra comunità nazionale, già segnata da angoscianti vicende passate tristemente alla cronaca", ha concluso.
Ricordiamo anche Alessandro Corbetta - consigliere regionale lombardo della Lega – che è intervenuto qualche giorno fa sulle polemiche scaturite intorno alla campagna del Consiglio d’Europa contro l’islamofobia: “Anche l’Italia, come la Francia, prenda posizione contro una campagna promozionale che, di fatto, promuove l’uso femminile dell’hijab e ha il coraggio di definire l’utilizzo del velo quale simbolo di libertà- ha detto. Sappiamo che molto spesso non si tratta di una libera scelta ma di una vera e propria coercizione, per non dire sottomissione della donna. Sono inaccettabili questi spot pubblicitari che cercano di far accettare una visione errata della realtà, di far passare il concetto che il velo sia da rispettare in quanto si tratterebbe, sempre e comunque, del frutto di una libera scelta della donna”.
INTANTO IN ARABIA SAUDITA C’È UNA SVOLTA STORICA
Intanto, in Arabia Saudita, dal prossimo 22 novembre comincerà la Saudi Women’s Football League: le calciatrici potranno disputare le partite di calcio indossando il velo e pantaloni lunghi.
“La creazione di questo campionato è un momento importante”, ha dichiarato il presidente federale Yasser al-Misehal. Anche se dal punto di vista occidentale potrebbe non essere notata nessun tipo di innovazione né passo avanti, dovremmo pensare che invece questo è un momento importante per l’Arabia Saudita: alle donne è stata concessa la possibilità di assistere alle partite negli stadi soltanto nel 2018.
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