15 febbraio 2023, ore 16:49 , agg. alle 19:02
Gli Azzurri accelerano anche sulla riforma della giustizia: “Il caso dell’ex premier rappresenta una gogna mediatica, giudiziaria e politica che richiedono una profonda riforma per la tutela di tutti i cittadini, pure chi non ha le possibilità per difendersi”
La sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste è l'ultimo capitolo giudiziario della vicenda nata la notte tra il 27 e 28 maggio 2010, quando l'allora premier chiamò in Questura a Milano il capo di gabinetto interessandosi dei destini di una giovane Ruby 'Rubacuori', all'epoca minorenne, fermata per un furto, e sostenendo che si trattasse della nipote del presidente egiziano Mubarak per sollecitarne la consegna all'igienista dentale Nicole Minetti (all'epoca consigliera regionale in Lombardia). Episodio che attirò l'attenzione della stampa mondiale, una volta scoperto, portando agli onori delle cronache le serate di Arcore e quelle di Palazzo Grazioli a Roma con il rito del 'bunga bunga'.
Ruby ter
Nel processo Ruby Ter, che ha visto Silvio Berlusconi e tutti i 28 coimputati assolti perché il fatto non sussiste e qualche posizione minore prescritta, i giudici della settima sezione penale del tribunale di Milano Marco Tremolada (presidente), Mauro Gallina e Silvana Pucci dovevano stabilire se vi fosse stata corruzione in atti giudiziari e false testimonianze nei processi Ruby 1 e bis (più singoli capi d'imputazione per false informazioni ai pm, riciclaggio e favoreggiamento della prostituzione) per coprire quanto avvenuto nelle 'cene eleganti' di Arcore a Villa San Martino. Fra gli accusati con l'ex premier 21 ragazze, fra cui Karima 'Ruby El Mahroug, il suo ex compagno Luca Risso, il giornalista Carlo Rossella, l'avvocato Luca Giuliante. La Procura di Milano, rappresentata in aula dall'aggiunto Tiziana Siciliano e dal sostituto procuratore Luca Gaglio, aveva chiesto in totale oltre 100 anni di reclusione - 6 per il leader di Forza Italia - e la confisca di quasi 19 milioni di euro a Berlusconi (10,8mln), 'Ruby' (5mln), Risso (3 mln), oltre che immobili e cifre a cinque zeri alle ragazze - dai 270mila a Marysthell Polanco ai 237.500 di Barbara Guerra - ritenute dai pm "l'insieme delle dazioni di danaro elargite da Silvio Berlusconi alle singole imputate" fra 2011 e 2015 (bonifici, assegni, contanti, contratti "simulati") e figlie dei singoli "accordi corruttivi" per mentire ai magistrati o omettere informazioni. La difesa di Berlusconi, gli avvocati Federico Cecconi e Franco Coppi, ha sempre sostenuto che non vi fosse alcuna prova di alcun accordo corruttivo e che i soldi e le case fossero state date alle giovani per risarcirle del travaglio giudiziario a cui sono state sottoposte.
Eccezioni
Il processo, iniziato nel gennaio 2017, è stato segnato da eccezioni e colpi di scena, come l'ordinanza del tribunale di Milano del 30 novembre 2011 che ha dichiarato "inammissibili" 18 testimonianze su 20 delle ragazze (escluse Barbara Guerra e Iris Berardi). Tutte le ragazze, infatti, "non potevano legittimamente rivestire l'ufficio pubblico di testimone" perché "sostanzialmente indagate di reato connesso", ha fatto sapere il tribunale di Milano in una nota dopo la lettura della sentenza. "Se il soggetto che si assume come corrotto non può qualificarsi come pubblico ufficiale" la corruzione non può "sussistere nemmeno nei confronti dell'ipotizzato corruttore, nel caso di specie Berlusconi".
FI
Da parte sua Berlusconi si dice 'sollevato dopo 11 anni di fango', e Forza Italia festeggia per l'assoluzione del presidente del partito. E ora gli azzurri chiedono anche una commissione di inchiesta (ma Fdi dice no) e una accelerazione sulla riforma della giustizia. "Grandissima soddisfazione" viene espressa dalla capogruppo al Senato Licia Ronzulli, che parla di una "una gogna mediatica, giudiziaria e politica che richiedono una profonda e strutturale riforma della giustizia per la tutela di tutti i cittadini, anche quelli che non hanno le possibilità e gli strumenti per difendersi. Questa sentenza ristabilisce la verità, ma non lo risarcisce dal danno d'immagine provocato da un'inchiesta che non doveva neanche cominciare, un danno d'immagine al nostro Paese, all'Europa, nel mondo. Né sana la grave lesione all'onorabilità e alla reputazione del presidente Berlusconi e della forza politica che rappresenta. Ci chiediamo chi pagherà per tutto questo". Il presidente del gruppo alla Camera Alessandro Cattaneo esprime "un'amara soddisfazione" chiedendo, nell'Aula di Montecitorio, la "calendarizzazione della commissione d'inchiesta sull'utilizzo politico della magistratura che vuole fare chiarezza su 25 anni di lotte giudiziarie che nulla avevano a che vedere con il merito ma che sono state usate come scontro politico. Mai più persecuzioni giudiziarie. Verità per anni di feroci battaglie giudiziarie". La commissione di inchiesta viene invocata anche da Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Camera, che definisce il leader azzurro un "martire della giustizia". Di "un'assoluzione che riempie di soddisfazione" parla il vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, che ricorda "chi ha sempre lavorato per dimostrare ciò che oggi viene, ancora una volta, riconosciuto dai giudici: Niccolò Ghedini. L'insussistenza delle accuse nei confronti del presidente Berlusconi rende merito alla verità e a chi, con straordinaria e affettuosa professionalità, ha contribuito ad affermarla". "L'accanimento giudiziario nei suoi confronti rimane una pagina nera nella storia della Repubblica, e nessuno verrà chiamato a risarcire i guasti che sono stati prodotti", sottolinea Stefania Craxi, presidente della Commissione Affari esteri e difesa a Palazzo Madama. Messaggi a Berlusconi arrivano anche dagli alleati. La premier Giorgia Meloni parla di "un'ottima notizia che mette fine a una lunga vicenda giudiziaria che ha avuto importanti riflessi anche nella vita politica e istituzionale italiana" e rivolge un "un saluto affettuoso" al Cavaliere. "Felice per l'assoluzione di Silvio dopo anni di sofferenza, insulti e inutili polemiche", anche il leader della Lega Matteo Salvini.