Sanremo accoglie Giovanni Allevi: Il maestro, sul palco dell'Ariston, torna a suonare il pianoforte in pubblico dopo due anni a causa della malattia

Sanremo accoglie Giovanni Allevi: Il maestro, sul palco dell'Ariston, torna a suonare il pianoforte in pubblico dopo due anni a causa della malattia

Sanremo accoglie Giovanni Allevi: Il maestro, sul palco dell'Ariston, torna a suonare il pianoforte in pubblico dopo due anni a causa della malattia Photo Credit: agenziafotogramma.it


Un applauso lunghissimo con tutto il pubblico in piedi ha accolto l'ingresso di Giovanni Allevi. Un lungo monologo e poi la musica del suo pianoforte

Alle 22:05 il Festival di Sanremo si ferma per lasciare spazio al maestro Giovanni Allevi, malato di mieloma, che ha deciso di esibirsi sul palco, dopo ben due anni di assenza. L'ingresso di Allevi è stato accolto da un lunghissimo applauso con tutto il pubblico in piedi. Prima di sedersi e addolcire l'Ariston attraverso le note del suo pianoforte, Giovanni Allevi racconta commosso il calvario che sta vivendo ormai da due anni a causa della malattia. Il maestro racconta di come si è accorto del tumore, del sostegno del pubblico, l’affetto della sua famiglia, la forza d’animo degli altri malati soprattutto di quelli più piccoli, che lui chiama "piccoli guerrieri". “Non suono più il pianoforte in pubblico da quasi due anni, il dolore era troppo forte, non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello. Il dolore mi ha portato dei doni. Non so che darei oggi per suonare davanti a quindici persone”. Sogno esaudito questa sera per il maestro, che ha suonato il brano "Tomorrow" davanti a ben più di 15 persone. 


IL MONOLOGO DI GIOVANNI ALLEVI

"All’improvviso mi è crollato tutto. Non suono più il pianoforte davanti a un pubblico da quasi 2 anni. nel mio ultimo concerto, a Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello e non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi, pesantissima, ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo. Ho perso molto, il mio lavoro, ho perso i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare.

Era come se il dolore mi porgesse anche degli inaspettati doni, quali, vi faccio un esempio: non molto tempo fa, prima che accadesse tutto questo, durante un concerto, in un teatro pieno, ho notato una poltrona vuota. Mi sono sentito mancare. Eppure quando ero agli inizi ho fatto concerti davanti a 15-20 persone ed ero felicissimo. Oggi, dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone. I numeri non contano. Sembra paradossale detto da qui perché ogni individuo è unico, irripetibile e a suo modo infinito.

Un altro dono: la gratitudine nei confronti della bellezza del creato. Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanza di ospedali, il rosso dell’alba è diverso dal rosso del tramonto e con le nuvolette è ancora più bello.

Un altro dono: la gratitudine e la riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero. La riconoscenza per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlare. La riconoscenza per il sostegno della mia famiglia. La riconoscenza per la forza, l’affetto e l’esempio che ricevo dagli altri pazienti. I guerrieri, così li chiamano, magari cerchiamo un altro termine, ma non mi viene in mente niente. Ma lo sono anche gli ausiliari e lo sono anche i genitori - piange -. I genitori dei piccoli guerrieri. Ora, come promesso, vi ho portato tutti qui con me sul palco, anime splendenti, esempio di vita autentica. Prima di andare all’ultimo dono, facciamo loro un applauso.

Ho ancora un dono. Ma quanti sono? Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. Eppure sento che in me c’è qualcosa che permane ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno. Io sono quel che sono, voglio andare fino infondo a questo pensiero. Se le cose stanno così, cosa mai sarà il giudizio dell’esterno".


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