Shock per il #MeToo, revocata la condanna di Harvey Weinstein. Il verdetto in appello, ma l'ex re di Hollywood resta in carcere
Shock per il #MeToo, revocata la condanna di Harvey Weinstein. Il verdetto in appello, ma l'ex re di Hollywood resta in carcere Photo Credit: Fotogramma.it
25 aprile 2024, ore 19:30
La Corte ha stabilito che il giudice che nel febbraio 2020 ha condannato Weinstein a 23 anni di prigione ha commesso un errore chiamando a deporre donne le cui accuse non erano parte delle incriminazioni nei confronti dell'ex produttore
Colpo di scena nel caso Harvey Weinstein: la Corte d'appello di New York ha revocato la condanna dell'ex re di Hollywood a 23 anni di prigione per reati sessuali. La decisione non significa che il 72enne ex boss di Miramax stia per tornare in libertà: dal Mohawk Correctional Facility, dove è imprigionato dal febbraio 2020, Weinstein verrà trasferito a Los Angeles, dove deve scontare altri 16 anni per aver aggredito Evgeniya Chernyshova, un'ex modella diventata famosa in Italia.
L'ERRORE DEL GIUDICE
La decisione della Corte d'appello, presa a maggioranza di quattro contro tre da un collegio composto in maggioranza da donne, si basa su una serie di errori che avrebbe commesso il giudice del primo processo a Weinstein, James Burke: primo fra tutti, aver chiamato a deporre donne le cui accuse non erano parte delle incriminazioni nei confronti di Weinstein. "Il rimedio per questi errori è un nuovo processo", ha stabilito oggi la Corte. Sta ora al procuratore Alvin Bragg, già impegnato in un processo di alto profilo contro Donald Trump, decidere se tornare a mettere l'ex boss della Miramax di nuovo in stato di accusa: "Faremo quanto è in nostro potere e restiamo fermamente dalla parte delle sopravvissute agli assalti sessuali", si è ripromessa a caldo la procura. Nel 2020 la modella e aspirante attrice Lauren Young, la star dei Soprano Annabella Sciorra e altre due donne, Dawn Dunning e Tarale Wulff, testimoniarono sui loro incontri con Weinstein sulla base di una legge statale che autorizza deposizioni su "precedenti malefatte" per dimostrare uno schema di cattivi comportamenti da parte dell'imputato. Deposizioni inammissibili secondo la Corte d'Appello: "Nel nostro sistema di giustizia l'accusato ha diritto a rispondere solo del crimine per il quale è stato incriminato". La messa a punto è importante e potrebbe avere ripercussioni in un altro processo clamoroso in corso a New York: quello contro Trump per i pagamenti all'ex pornostar Stormy Daniels.
SENTENZA CHE SCUOTE IL MOVIMENTO #MeToo
Oltre cento donne avevano accusato nel 2017 Weinstein di reati a sfondo sessuale. Il loro racconto collettivo era stato la pietra angolare su cui si era fondato il movimento #MeToo. In termini legali però la condanna a New York dell'ex boss di Miramax è sempre stata controversa e i ricorsi in appello dei suoi avvocati, secondo gli esperti, avevano sempre avuto una chance. Il verdetto di oggi è stato accolto con shock dalle leader del #MeToo: "Dimostra quanto occorra ancora fare per mandare avanti i nostri ideali", ha detto Jane Manning, ex magistrato e direttrice del Women's Equal Justice Project, seguita da Ashley Judd che nel 2017 fu la prima a rompere l'omertà sui misfatti di Weinstein: "Noi sappiamo quel che è successo". Palesemente soddisfatto si è detto invece l'avvocato dell'ex produttore, Arthur Aidala: "E' una vittoria non solo per il signor Weinstein, ma per tutti gli imputati nello stato di New York i cui diritti fondamentali sono stati ribaditi oggi dalla Corte".