Sla, i calciatori rischiano di più ma ancora ignote le cause

Sla, i calciatori rischiano di più ma ancora ignote le cause

Sla, i calciatori rischiano di più ma ancora ignote le cause


28 marzo 2019, ore 12:00

La conferma in uno studio epidemiologico che ha utilizzato un database particolare

I calciatori professionisti si ammalano di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) mediamente molto di più rispetto alla popolazione generale, addirittura 6 volte se di alto livello, di serie A. Quello che per molti era solo un sospetto, reso più evidente dalla popolarità del calcio, è ora confermato da uno studio epidemiologico che ha utilizzato un “database” particolare: la collezione delle figurine Panini, le stesse passate di mano negli ultimi decenni del secolo scorso fra migliaia e migliaia di ragazzini sognanti a caccia del ritratto del proprio idolo del pallone. Lo studio, presentato negli Usa, a Philadelphia, al meeting annuale dell'American Academy of Neurology, è stato condotto da Ettore Beghi ed Elisabetta Pupillo, ricercatori dell'Istituto Mario Negri di Milano, in collaborazione con Letizia Mazzini dell'Ospedale universitario di Novara e Nicola Vanacore dell' Istituto Superiore di Sanità. Analizzando la Serie A, il rischio sale addirittura di 6 volte, ma la vera novità consiste nell'aver evidenziato che i calciatori si ammalano di Sla in età più giovane rispetto a chi non ha praticato il calcio. Un risultato che comunque conferma quello che in tanti avevano solo sospettato, assistendo a questa sorta di epidemia che in Italia ha fatto vittime famose, come Stefano Borgonovo (morto nel 2013) che ha anche creato una Fondazione Onlus per aiutare la ricerca su questa malattia. La Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una rara malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni del sistema nervoso centrale. I malati perdono gradualmente il controllo di diverse funzioni vitali, come camminare, respirare, deglutire e parlare. Ma che cosa c'entra il calcio? Per il momento nessuno lo sa. Se lo chiede anche Damiano Tommasi, presidente dell'Associazione italiana calciatori ed ex centrocampista della Roma e della Nazionale, che ha collaborato con l'Istituto Mario Negri: "La ricerca - dice - da una parte preoccupa e dall' altra ci invita a porre attenzione a qualsiasi iniziativa che possa aiutare a saperne di più".