15 luglio 2024, ore 21:00
Il risultato, che faciliterà lo studio di molte malattie umane, è pubblicato su Nature Immunology dai ricercatori dell'Università del Texas guidati dall'immunologo italiano Paolo Casati.
Incredibile, il topo potrebbe presto scalzare a buon diritto il cane come migliore amico dell'uomo. Infatti, lo sappiamo, è tendenzialmente la prima cavia che usano gli scienziati per testare farmaci o cure che potrebbero in seguito andare bene per l’essere umano.
Però anche se topi ed esseri umani condividono circa il 70 per cento delle sequenze geniche che codificano per proteine, un numero significativo di geni del topo non si comporta come le controparti umane, e la causa di questa differenza va ricercata nei geni e nelle sequenze di DNA che hanno la funzione di regolare i livelli e i tempi di espressione degli altri geni, almeno fino ad adesso.
La scoperta che arriva nelle ultime ore ha quindi importanti implicazioni per la ricerca medica, nella quale il topo è sempre stato considerato un modello d'elezione per lo studio delle malattie dell'uomo.
La ricerca
Sono infatti realtà i primi topi di laboratorio con un sistema immunitario umanizzato completamente sviluppato e funzionale, in grado di produrre risposte anticorpali specifiche. Il risultato, che faciliterà lo studio di molte malattie umane per la messa a punto di nuovi farmaci e vaccini, è pubblicato su Nature Immunology dai ricercatori dell'Università del Texas guidati dall'immunologo italiano Paolo Casati. I primissimi topi umanizzati sono stati sviluppati negli anni '80 come modelli sperimentali con cui riprodurre e studiare l'infezione umana da Hiv e da allora ne sono stati creati diversi per indagare varie malattie. Vengono ottenuti a partire da topi immunodeficienti (cioè privati del loro sistema immunitario), in cui vengono iniettati linfociti umani, cellule staminali del sangue o altre cellule umane. Questi modelli, però, non sviluppano un sistema immunitario umanizzato pienamente funzionale, hanno una vita breve e non generano risposte immunitarie efficienti.
I risultati
Il gruppo di ricerca guidato da Casali ha dunque sviluppato una strategia alternativa che consiste nell'iniettare nel cuore dei topi immunodeficienti delle cellule staminali umane purificate dal cordone ombelicale. Dopo alcune settimane, i topi vengono stimolati ormonalmente con la forma di estrogeno più potente e abbondante nel corpo, il 17b-estradiolo: gli estrogeni aumentano infatti la sopravvivenza delle cellule staminali umane, la differenziazione dei linfociti B e la produzione di anticorpi contro virus e batteri. I topi umanizzati risultanti possiedono un sistema immunitario umano completamente sviluppato e perfettamente funzionante con linfonodi, centri germinali, cellule epiteliali umane del timo, linfociti T e B umani, linfociti B di memoria e plasmacellule che producono anticorpi e autoanticorpi altamente specifici identici a quelli umani. I topi, opportunamente vaccinati, riescono a sviluppare risposte anticorpali neutralizzanti contro la Salmonella typhimurium e il virus SarsCoV2. Casali sottolinea come simili modelli possano favorire lo sviluppo di nuovi vaccini e terapie contro il cancro. Il suo auspicio è che il loro impiego possa ridurre l'uso dei primati non umani nella ricerca biomedica immunologica e microbiologica.