Stereophonics, Il nostro cd positivo per mantenere viva la comunità

Stereophonics: "Il nostro cd positivo per mantenere viva la comunità"

Stereophonics: "Il nostro cd positivo per mantenere viva la comunità"


Il leader della band gallese, Kelly Jones, ci parla del nuovo album "Keep The Village Alive"

Kelly Jones è un sincero lavoratore della canzone, ruvido ma cordiale, come mastro di bottega di una di quelle attività artigianali – Stereophonics inciso sull’insegna - che ancora resistono, lottando, nei piccoli centri. Proprio nel borgo che ha dato i natali al nucleo originario della band, Cwamaman, mille anime a meno di un’ora di auto da Swansea in Galles, bisogna andare con la mente per parlare di “Keep The Village Alive”, nuovo album che gli Stereophonics hanno presentato ieri sera all’Alcatraz di Milano per un’unica data italiana, l’ultima della prima parte di tour. Ovviamente un concerto trionfale, portato a casa con tanto mestiere e una facilità disarmante, a conferma che dal vivo il quartetto è granitico come il loro amato WRU, la nazione gallese di rugby, e che la voce di Jones è ancora più potente che mai a quasi 20 anni dal debut album.

Torno abbastanza frequentemente nel mio villaggio, ho ancora casa lì- dice Jones ai microfoni di RTL 102.5 -  e il titolo ha origine da una frase che la gente lì usava dire guardando i musicisti nei pub e nei bar, una sorta di dichiarazione di positività, come un’esortazione a mantenere viva la comunità. Il titolo è stato scelto a disco già concluso, ma trovavo che questa frase esprimesse bene il mio sentimento per la musica. È una cosa salvifica, ha aiutato me quando ero solo un ragazzino in una piccola città, mi faceva provare un senso di fuga e di libertà. Un sacco di paesini sono in difficoltà, le attività chiudono, ed è una cosa tristissima perché hanno molto da offrire.

“Keep The Village Alive” è forse il migliore lavoro degli Stereophonics negli ultimi anni e la cosa che colpisce è l’equilibrio tra i suoni lavorati con calma e dettagliati degli album più recenti, e quelli più grezzi degli inizi. Anche se inizialmente si dice fosse stato pensato come una specie di volume secondo del precedente album “Graffiti On The Train”.

Penso che “Keep The Village Alive” sia un po’ come un mixtape, è molto vario, ci sono canzoni che trasmettono sensazioni differenti,  C’est la vie ha un piglio punk, ma ci sono anche brani più introspettivi come Into the world e Song For the Summer.  Se “Graffiti On The Train” (2013)  era un disco più scuro e cinematografico, questo nel complesso credo sia confortante. È  un album che fa sentire bene chi lo ascolta. In qualche modo sono imparentati, fratello e sorella - continua Kelly - ma in maniera del tutto accidentale. Era un periodo in cui entravamo in studio con il solo pensiero di fare continuamente nuova musica, non era il momento adatto per fare un album. Avevamo un sacco di materiale, quindi ci siamo chiesti come avremmo potuto pubblicarlo: per 10 minuti abbiamo pensato a fare un doppio album, poi addirittura una trilogia, alla fine abbiamo deciso di buttarlo fuori separatamente. Il fatto di pubblicare album con una nostra etichetta, la Stylus, non ha influito a livello di creazione dei brani perché siamo sempre stati abbastanza fortunati ad avere intorno persone che ci lasciavano liberi di fare, però è bello essere in una situazione in cui si è tutti insieme, che si vinca o si perda.

Mi chiedo se questo ritorno alle origini sia più che un riferimento geografico, piuttosto uno stato mentale che aiuti a tirare il freno e cercare un rifugio nei ricordi dell’adolescenza.

Molte delle sensazioni che hai quando sei teenager sono  tra le  espressione più vere e naive che ci siano, e alcune canzoni dell’album possono effettivamente riflettere questo aspetto, ma altre sono molto legate alla mia vita di ora. Certo, ne ho passate tante e la mente a volte sente il bisogno dir ritornare al passato, e in quegli anni d’oro si può trovare una sorta di “sicurezza”.

Quello gallese è un popolo che sembra davvero legato alle radici, penso a tanti tuoi connazionali della scena pop che hanno tributato la vostra cultura con canzoni o album in gaelico, come i Super Furry Animals, che nel 2000 pubblicarono addirittura un album intero in lingua, “Mwng”, o Cerys Matthews. Voi non ci avete mai pensato?
Gruff (Rhys, leader dei SFA Ndr) e Cerys vengono da zone del Galles dove si parla ancora il gaelico e sono cresciuti parlandolo, noi no. Anche volendo, quindi, non sarei capace di farlo, non conosco la lingua!


Ho sempre avuto la sensazione che, a partire dal 2001 con “Just Enough Education to Perform”, il suono degli Stereophonics abbia preso una deriva sempre più americana. Mi sbaglio? Come sono cambiate le vostre influenze negli anni?
Non saprei, abbiamo sempre ascoltato un sacco di musica diversa, forse quello che è diventato più americano è stato il nostro modo di registrare, sicuramente. Ho sempre amato artisti come Creedence Clearwater Revival, Neil Young, ma anche i Kinks,  che sono inglesi, piuttosto che Sam Cooke o Stevie Wonder. “You Gotta Got There To Come Back” (il loro album del 2003 che contiene la hit Maybe Tomorrow Ndr) è stato molto influenzato da “Talking Book” di Stevie Wonder con tutti gli overdub e cose del genere.


Gli Stereophonics sono nati discograficamente nel 1997, in una fase storica che ha di fatto visto il passaggio dai CD all’esplosione degli MP3, fino ad oggi, con tutti i servizi di streaming. Sfogliando il booklet del vostro album mi sono soffermato sui ringraziamenti di tutti i membri della band, e, forse è un aspetto stupido, ma pensavo che in un certo senso con il digitale nessuno ringrazia più nessuno.
È assolutamente vero, ma del resto il modo in cui le etichette e il mercato vendono il prodotto cambia continuamente, puoi solo prendervi parte e cercare di fare il meglio possibile. Però c’è da dire che trovo vergognoso che un sacco di cose che per  tanto tempo hanno coinvolto le persone, come il packaging, le note di copertine, l’artwork, si siano di fatto, in qualche modo, estinte.


Da un po’ di tempo sei tu stesso il regista dei video degli Stereophonics. Come è nata la tua passione per il cinema, e hai novità sulle sceneggiature che stavi facendo per “Graffiti on The Train” ?
Sono andato a scuola di cinema per cinque anni, quindi ho sempre avuto interesse per i film. Per  me è solo un altro modo di raccontare delle storie, come scrivere delle canzoni. Al momento sto lavorando a un paio di sceneggiature e, pur non avendo ambizioni da grande film maker, a un certo punto della mia vita mi piacerebbe riuscire a portarne almeno una sullo schermo. Per “Graffiti On The Train” è stato proprio il copione ad influenzare la musica, quindi giro i video della band  per tenermi in allenamento e per avere una sorta di "showreel"  da mostrare, in modo da convincere qualcuno a finanziare lo sviluppo di una qualsiasi delle sceneggiature, senza fretta.


Il tour è un momento di condivisione, anche di film visti con tutta la crew sul tourbus. Da appassionato ti trovi mai nella situazione di mettere su qualcosa che magari gli altri non trovano di proprio gradimento?
In tour  tendenzialmente guardiamo puro 'entertainment', perché gli altri vogliono film dove non bisogna pensare e dicono: "Dove sono i miei Transformer e Godzilla?". Quando vengono a bussare alla mia stanza d’hotel, invece, non è difficile che mi trovino totalmente  immerso  in qualche pellicola, di quelle che ti fanno arrovellare il cervello.


A proposito di video e di Italia, che ricordi hai delle riprese fatte a Torino per il video di Pick a Part That’s New nel 1999?
E' stato grandioso, eravamo in una fase della nostra carriera in cui giravamo i video ispirandoci ai film famosi, in quel caso ovviamente era "The Italian Job", e credo fossimo la prima troupe ad avere il permesso di girare nel centro di Torino dagli anni '60,  perché all'epoca ne fecero un gran casino. Comunque è stato bello, trovammo anche degli ottimi stuntmen, c’era anche quello che fece da controfigura a Stallone in Cliffhanger, lui era un figo. Ci siamo divertiti parecchio, anche perché i video possono diventare noiosi da girare, credo quello sia stato il momento in cui abbiamo deciso di venire coinvolti maggiormente. Se hai stunt drivers in giro tutto il giorno hai di sicuro delle giornate meno pesanti, no?

Dopo tanti anni di attività ormai avete una grandissima quantità di belle canzoni, di singoli, di hit, come fate a scegliere cosa suonare live? ( Per la cronaca, ieri sera la scaletta è stata leggermente stravolta rispetto a quella proposta nelle precedenti date del tour, con due brani in più e pezzi come Pick a Part That’s New e I Wouldn’t Believe Your Radio Ndr)
In effetti sta iniziando a diventare complicato perché ci sono un sacco di canzoni. In questo tour abbiamo fatto 5-6 pezzi del nuovo album, mentre le altre sono principalmente le nostre hit radiofoniche.


Ci sono artisti giovani che ascolti?
Questa settimana ho comprato gli album di Catfish and The Bottlemen, di Mary Epworth, e quello di George Ezra perché l'ho visto in alcuni festival e mi piace molto il suo materiale più "dark". Quando sono in tour spendo molto in dischi perché nei tempi morti non c'è molto da fare e, pure se non è roba nuova, ho preso anche album di My Bloody Valentine, e Tom Waits.


Per finire: so che siete tutti tifosi di rugby, da buoni gallesi. Dopo che la vostra nazionale è stata buttata fuori dal Mondiale per mano del Sud Africa su chi punti?
Credo molto nell'Argentina ora. Il Galles e la Scozia sono solo state molto sfortunate negli ultimi minuti del match, mentre la nazionale sudamericana in questo momento sembra giochi come quella di calcio.



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