Stop allo sci, protestano le Regioni, impianti aperti contro l'ordinanza di Speranza a Vigezzo, in val d'Ossola

Stop allo sci, protestano le Regioni, impianti aperti contro l'ordinanza di Speranza a Vigezzo, in val d'Ossola

Stop allo sci, protestano le Regioni, impianti aperti contro l'ordinanza di Speranza a Vigezzo, in val d'Ossola


15 febbraio 2021, ore 13:00 , agg. alle 15:07

Il blocco degli impianti di risalita sarà uno dei primi problemi sui quali si dovrà misurare il governo Draghi

La prima grana per il neo insediato governo Draghi arriva dall’alto delle cime innevate. Il giorno dopo lo stop di Speranza alla riapertura degli impianti si è accesa la polemica. Con le piste da sci chiuse almeno fino al 5 marzo i ministri Giorgetti e Garavaglia, che oggi incontrerà gli operatori del settore, chiedono indennizzi adeguati per la montagna. Si sono arrabbiati anche i governatori Toti, Fontana e Zaia ed anche Bonaccini ha espresso "stupore e sconcerto" per lo stop alla stagione invernale. Insomma un problema serio sul tavolo dell’esecutivo.

La protesta di Vigezzo

Anche perché lo stop non ha fermato ferma lo sci alla Piana di Vigezzo, 1.720 metri nel Comune di Craveggia, nell'omonima valle Vigezzo, in alta Ossola. Nonostante la decisione di Speranza, i gestori della stazione sciistica hanno deciso di aprire gli impianti. "Ancora venerdì la Regione ci aveva assicurato l'apertura e noi abbiamo predisposto tutto, in sicurezza, per riaprire. E così lo abbiamo fatto", ha detto questa mattina Luca Mantovani, uno dei titolari della società che gestisce gli impianti nella valle piemontese a ridosso del Canton Ticino.

Le ragioni degli imprenditori 

La rabbia degli imprenditori del settore è comprensibile. Ci sarebbe voluta una gestione più oculata. Non si discute l’emergenza planetaria, ma se il problema sono le varianti del virus che aumentano la possibilità di contagio, queste erano note da giorni. Arrivare a decidere di non far ripartire gli impianti a poche ore dalla riapertura è sbagliato: lo si doveva decidere prima. È complicato sapere la domenica per il lunedì che si deve cambiare tutto. I gestori si erano già attrezzati per aprire in tutta sicurezza: la capienza era stata ridotta al 30%, secondo le linee guida decise dalla Conferenza delle Regioni. Insieme ad una serie di altre rigide prescrizioni si poteva, dunque, riaprire.

I danni secondo la Coldiretti

Secondo la Coldiretti, la chiusura degli impianti anche nell'ultima parte della stagione è destinata ad avere effetti non solo sulle piste da sci ma sull'intera economia che ruota intorno al turismo invernale che ha un valore stimato prima dell'emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all'anno tra diretto, indotto e filiera. Lo stop alla ripresa dello sci è una decisione destinata ad avere effetti non solo sulle piste, ma anche sull'intero indotto delle vacanze in montagna, dall'alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi fino alle malghe con la produzione dei pregiati formaggi, che dallo stop al turismo sulla neve hanno subito un calo di fatturato fino al 90%. Proprio dal turismo invernale - sottolinea la Coldiretti - dipende buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole che con le attività di allevamento e coltivazione svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l'abbandono e lo spopolamento. "Con le presenze praticamente azzerate nel momento più importante della stagione, si guardava - conclude la Coldiretti - con speranza all'ultimo scorcio seppur con il pesante limite allo spostamento tra regioni ma le aspettative sono andate all'ultimo momento deluse".


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