Taylor Swift, viviamo tutti nella sua Era: il racconto del concerto a San Siro

Taylor Swift, viviamo tutti nella sua Era: il racconto del concerto a San Siro

Taylor Swift, viviamo tutti nella sua Era: il racconto del concerto a San Siro   Photo Credit: agenziafotogramma.it


14 luglio 2024, ore 10:48 , agg. alle 16:05

Tre ore di show e 65.000 spettatori: la Regina del Pop è arrivata a Milano

Lights, camera, bitch smile. Sono passati 13 anni dall’ultimo concerto di Taylor Swift in Italia, ma la popstar è tornata da regina. “Giuro che non farò passare di nuovo così tanto tempo”, promette a inizio concerto. Sale sul palco poco prima delle 20, dopo il set d’apertura dei Paramore, e dà il via a tre ore di show con un “ciao” che manda in delirio le decine di migliaia di Swifties – per le due date meneghine si stimano 130.000 spettatori – accorse al Meazza. Lo spettacolo si svolge anche fuori dallo Stadio, dove chi non è riuscito ad accaparrarsi il biglietto – sui siti di secondary ticketing i prezzi dell’Eras Tour hanno raggiunto i 13.000 euro - ha trovato comunque il modo di ascoltare la sua beniamina a distanza ravvicinata.

TAYLOR SWIFT, SUL PALCO TUTTE LE ERE DELLA SUA CARRIERA

Ha ripercorso diciotto anni di carriera, un’Era alla volta. Taylor Swift sta portando il suo tour in giro per il mondo, eppure l’accoglienza a San Siro l’ha lasciata senza parole. Dopo solo un’ora e mezza di concerto, suonata l’ultima nota di “Champagne problems” la popstar viene avvolta da un applauso lungo tre minuti: seduta al pianoforte, si alza sbalordita togliendosi gli in-ear. “Vi amo tutti”, grida dal palco. Se oltreoceano gli Swifities con la loro energia avevano provocato a Seattle un terremoto di magnitudo 2.3, i 65.000 presenti a San Siro non si sono dimostrati da meno: e se la terra a Milano non ha tremato, i decibel raggiunti tra prato e anelli del Meazza erano da Guinness dei Primati. Il fenomeno Swift, negli ultimi mesi, ha creato molti interrogativi, tra scettici e detrattori che non si capacitano di come un’artista pop riesca a influenzare economie nazionali o monopolizzare classifiche per settimane intere. Alla fine dello show milanese, la realtà è chiara: la 34enne non è solamente la “Regina Mida” della discografia mondiale, è la nuova Imperatrice del pop, che piaccia o meno.

UN’ATTESA LUNGA TREDICI ANNI

Lo show è trasversale, mentre la voce di “Anti-Hero” si esibisce sul palco lo spettacolo si sposta sul pubblico: sulle note di “Love Story”, tra le prime canzoni in scaletta, partono le proposte di matrimonio. Ma non è sempre tutto rose e fiori, Taylor lo sa bene. Mentre ricorda la fine della relazione con Jake Gyllenghaal - protagonista dell’album del 2012 “Red” - sul ritornello di “We Are Never Getting Back Togheter” la star passa il microfono a uno dei ballerini, che sottolinea il concetto con un “che ca**o!”. Didascalico, oseremmo dire. Tra ballad e pezzi iper pop c’è spazio anche per il set acustico, il momento delle “surprise songs”: una sequenza di brani non previsti in scaletta e che cambiano di serata in serata. Le prescelte per la prima data meneghina? “The 1”, “Wonderland”, “I almost do” e “The Moment I Knew”. In un live calcolato al millimetro – nonostante si sia guadagnato il soprannome di “Errors Tour” per alcuni malfunzionamenti tecnici nelle tappe precedenti – è qui che arriva il primo e unico intoppo: Taylor viene interrotta da un colpo di tosse, colpa di un moscerino che le va di traverso. Ma al pubblico – tra cui figuravano, tra gli altri, i campioni di F1 Charles Leclerc e Pierre Gasly, Francesca Michielin e Riccardo Zanotti - non importa, e iniziano a gridarle “sei bellissima”, facendola commuovere una seconda volta. Corre voce che la popstar dei record abbia intenzione di prolungare la tournée fino al 2025. L’unico altro impegno in agenda? La giurista di Georgetown Rosa Brooks e il miliardario Ted Dintersmith vorrebbero che insieme a Oprah Winfrey e Michelle Obama vagliasse i candidati per un’eventuale sostituzione di Biden alla corsa presidenziale. A San Siro si congeda con un “arrivederci”, speriamo che stavolta l’attesa non sia lunga altri tredici anni.


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