19 gennaio 2025, ore 08:00
I leader mondiali si ritrovano in un momento di grande incertezza mondiale; il Forum si terrà dal 20 al 24 gennaio
Il Forum Economico Mondiale di Davos aprirà le porte dal 20 al 24 gennaio e si prepara ad accogliere i leader globali in un contesto di grande incertezza mondiale. Soprattutto segnato dal ritorno prepotente dell'America First e dal disordine globale che definisce l'agenda politica ed economica. Questo è i contesto mentre contemporaneamente inizia l'era Trump 2.0. Una presidenza degli Stati Uniti che vedrà in primo piano i toni protezionisti e l’approccio unilaterale che sembra ormai inevitabile, e la risonanza delle politiche del tycoon americano che si farà sentire in maniera forte anche a Davos. Nella località svizzera l'élite mondiale si è ritrovata spesso per cercare una cooperazione globale. Ma quest’anno, l'atmosfera è diversa.
Trump
Il presidente Donald Trump, che lo stesso giorno, lunedì 20 giurerà come 47eismo presidente degli Stati Uniti, sarà presente solo in videoconferenza il 23 gennaio. La sua rappresenta simbolicamente un’onda di cambiamento. Un’onda che spazza via i principi del multilateralismo, sostituendoli con un ordine mondiale più frammentato e competitivo. Sono diversi i leader presenti al Forum Economico Mondiale di Davos ad avere un rapporto ambivalente con Trump. Alcuni di questi criticano le sue politiche sui dazi, anche se si dicono disposti ad abbracciare un certo protezionismo in nome degli interessi nazionali.
Le sfide
Sono tante le sfide che i leader dovranno discutere a Davos. Tra questi la situazione geopolitica gioca un ruolo di primo piano. Il clima di tensione tra Russia e Ucraina, e le difficili trattative sul transito del gas russo, sono destinate a scaldare ulteriormente l’atmosfera già tesa del Forum. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che interverrà martedì 21 gennaio, si trova a fare i conti con le difficoltà diplomatiche e con l'ambiguità di alcuni partner europei, tra cui il premier slovacco Robert Fico.
Il protezionismo
Altra sfida che dovranno affrontare i protagonisti di Davos è quella del protezionismo e dei dazi. Malgrado le critiche globali sui rischi di una escalation protezionistica come fatto presente dal Fondo Monetario Internazionale, molte imprese sembrano già aver accettato di fatto il nuovo ordine. Anche in merito ad un possibile inasprimento delle politiche commerciali previste dalla nuova amministrazione Trump negli Stati Uniti.
I social
Anche la discussione sui social entra di prepotenza al Forum economico di Davos. Un mondo che sta diventando sempre più centrale. Il mondo dei social media, poi, non è mai stato così centrale. La pressione su TikTok, i suoi legami con la Cina, e il dibattito sulle manipolazioni elettorali e l’impatto nocivo sui giovani, sono i temi a cui Davos sarà chiamato a trovare una soluzione equilibrata. Il tutto in un contesto dove la battaglia per la privacy online e contro i contenuti "tossici" sui social è destinata a prendere piede. Il tutto in attesa delle nuove normative europee che, tuttavia, rischiano di trovarsi sotto il fuoco incrociato di attacchi provenienti dai giganti della tecnologia, tra cui Elon Musk, che continua a criticare l’approccio regolatorio europeo.
Il clima
Anche la questione climatica sarà uno dei temi centrali di questa edizione del Forum di Davos. È una delle sfide globali più urgenti. Una sfida senza gli Stati Unit, con la Federal Reserve che recentemente si è ritirata dalla coalizione delle banche centrali contro il cambiamento climatico. Le istituzioni europee, la BCE e il FMI si troveranno invece a difendere la necessità di un impegno rinnovato per contrastare il riscaldamento globale.
L’Italia
L’Italia avrà una presenza discreta a Davos. Sarà presente il ministro della Salute Orazio Schillaci in rappresentanza del governo, oltre ad importanti aziende che cercheranno di capire come navigare il nuovo scenario globale. Giorgia Meloni, che avrebbe declinato l’invito, e la presenza del presidente argentino Javier Milei, uno degli alleati più vicini a Trump, suggeriscono che le alleanze politiche potrebbero essere in fase di ristrutturazione.