Venezia 72, Shia LaBeouf, Dead Man Down mi ha salvato
08 settembre 2015, ore 18:37
L'attore americano protagonista al Lido
"Questo film mi ha salvato" Parola di Shia LaBeouf, noto per il suo temperamento bellicoso che gli ha causato in passato molti problemi con la giustizia (tre arresti, di cui l’ultimo risale al 2014 per resistenza a pubblico ufficiale), che è passato al Lido di Venezia quasi in sordina, per presentare il suo ultimo lavoro "Dead Man Down". E' una sorta di sci-fi distopico con molte parentesi sul passato e seconda collaborazione tra l’attore e il regista Dito Montiel dopo Guida per riconoscere i tuoi santi (2006): “La mia terapia”, definisce LaBeouf l'amico filmaker.
LaBeouf interpreta un ex marine, Gabriel Drummer, che ha combattuto in Afghanistan ed è tornato a casa con il disturbo da stress post-traumatico che lo ha allontanato dalla moglie (Kate Mara) e dal figlio: “Non l’ho mai visto come un war-movie – sostiene l’attore – ma come una sorta di Kramer contro Kramer. Mi ha ispirato molto la figura di mio padre, che era un militare, e il rapporto che ho avuto e non avuto con lui”.
Il padre è una figura centrale nella vita di ShiaLaBeouf per le ripetute vessazioni che infliggeva alla star da piccolo. Non è difficile trovare ulteriori risonanze autobiografiche nel film. Ad esempio nella “depressione” che affligge il personaggio: “Questo film è uno dei più difficili che abbia mai fatto e la parte più complicata è stato quando Gabriel deve allontanare da sé la tentazione del suicidio”.
LaBeouf che ha da poco girato un film con Andrea Arnold (American Honey), sostiene di essere cambiato: “Credo di essermi calmato. Il lavoro mi aiuta ad esprimermi ma non è la sola cosa che conta. Cerco sempre d’instaurare delle amicizie sul set. Amo lavorare con gli amici”.
Alla proiezione ufficiale in Sala Grande lo abbiamo visto abbracciare Dito Montiel e scoppiare in lacrime. Sembrava davvero una persona nuova. Poche ore più tardi però ha sfiorato la rissa con un fotografo colpevole, a suo dire, di stargli troppo addosso.
Di Gianluca Arnone e CINEMATOGRAFO.IT per tutte le info consulta la scheda completa
Il padre è una figura centrale nella vita di ShiaLaBeouf per le ripetute vessazioni che infliggeva alla star da piccolo. Non è difficile trovare ulteriori risonanze autobiografiche nel film. Ad esempio nella “depressione” che affligge il personaggio: “Questo film è uno dei più difficili che abbia mai fatto e la parte più complicata è stato quando Gabriel deve allontanare da sé la tentazione del suicidio”.
LaBeouf che ha da poco girato un film con Andrea Arnold (American Honey), sostiene di essere cambiato: “Credo di essermi calmato. Il lavoro mi aiuta ad esprimermi ma non è la sola cosa che conta. Cerco sempre d’instaurare delle amicizie sul set. Amo lavorare con gli amici”.
Alla proiezione ufficiale in Sala Grande lo abbiamo visto abbracciare Dito Montiel e scoppiare in lacrime. Sembrava davvero una persona nuova. Poche ore più tardi però ha sfiorato la rissa con un fotografo colpevole, a suo dire, di stargli troppo addosso.
Di Gianluca Arnone e CINEMATOGRAFO.IT per tutte le info consulta la scheda completa
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