Venezia 81, El Jockey regala un autore promettente che ha bisogno di tempo
29 agosto 2024, ore 22:15
La pellicola di Luis Ortega corre per aggiudicarsi il Leone d’oro della Mostra del Cinema 2024
Ancora un altro film del Concorso in questa seconda giornata di Venezia 81, che oggi è entrata ufficialmente nel vivo. Dopo il ritratto di Maria Callas firmato dallo spagnolo Pablo Larrain, arriva al Lido un film spregiudicato e un pò caotico che però regala un bello slancio creativo. Si intitola “El Jockey” ed è diretto da Luis Ortega che al suo secondo film porta sullo schermo Ursula Corbero, la Tokyo della Casa di Carta.
LA TRAMA IN BREVE
Remo Manfredini è un fantino leggendario, ma il suo comportamento autodistruttivo sta cominciando a metterne in ombra il talento e a mettere a repentaglio la relazione con Abril, la fidanzata. Il giorno della gara più importante della sua carriera, che lo libererà dai debiti col suo boss mafioso Sirena, ha un grave incidente, scompare dall’ospedale e vaga per le strade di Buenos Aires. Libero dalla propria identità, inizia a scoprire il suo vero io. Ma Sirena è determinato a stanarlo. Vivo o morto.
DECOSTRUZIONE STILISTICA E IDENTITARIA
Formalmente eccentrico, il film del giovane regista e sceneggiatore argentino alla sua seconda prova dietro la macchina da presa vive di un afflato vivace e liberatorio, divertendosi a giocare con lo stile e con il linguaggio. Decostruzione fisica, identitaria e poetica coesistono in “El Jockey”, che vuole sempre spingersi oltre. L'autore si comporta come un fan della settima arte che si diverte con la forma filmica, ricordando a noi spettatori che il potere del cinema non risiede nel cosa racconti ma nel come lo racconti. Non a caso la pellicola ha una trama povera e semplice, forse a tratti anche troppo elementare, a cui però viene disegnata intorno una bella confezione. Ortega filma il delirio del protagonista creando un immaginario volutamente fittizio, fatto di immagini rimasticate, pescate qua e là dalla storia del cinema e della cultura pop. Molto d’effetto la citazione de Il padrino con il primo piano del gangster che richiama quello memorabile di Marlon Brando nell’incipit del film di Coppola, dove però viene sostituito il gatto con un neonato. Ma non solo. L’incidente a cui va incontro il protagonista all’inizio di “El Jockey” sembra citare una famosa inquadratura in soggettiva durante una delle tante battaglie di “Napoleon” del 1927, quello diretto dal maestro dell’impressionismo francese Abel Gance. Insomma è come se Luis Ortega ci volesse dire che ormai la contemporaneità è affidata solo alla riproduzione di qualcosa, di una realtà fittizia e rilegata alla citazione di qualcosa di non vero. Non a caso uno sparo che sentiamo durante una scena, che sembra provenire da una rapina, è in realtà finto e costruito per un set cinematografico.
El Jockey, sebbene abbia un bello slancio vitale e creativo, si perde nei meandri dei suoi stessi deliri visivi, naufragando in un finale fuori fuoco e molto confuso. Ma non è importante. Il merito della pellicola che gareggia in Concorso a Venezia 81 è quello di averci consegnato un autore promettente che non ha paura di osare e di maneggiare in modo libero lo stile filmico. Il grande film di Ortega è soltanto rimandato, perché le premesse per poter spiccare il volo ci sono tutte.