Venezia 81, Nonostante di Valerio Mastandrea apre la sezione orizzonti della Mostra del Cinema 2024

Venezia 81, Nonostante di Valerio Mastandrea apre la sezione orizzonti della Mostra del Cinema 2024

Venezia 81, Nonostante di Valerio Mastandrea apre la sezione orizzonti della Mostra del Cinema 2024 Photo Credit: Ufficio Stampa Biennale Cinema


L’attore romano torna per la seconda volta dietro la macchina da presa per un film agrodolce e dallo sguardo tenero

Davanti all’amore non bastano né la vita né la morte, forse perché esso è più forte di tutto. Sembra sussurrare questo Valerio Mastandrea che oggi è sbarcato al Lido per presentare nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema “Nonostante”, il suo secondo lavoro da regista. Ci aveva già provato a cimentarsi nel ruolo dietro la macchina da presa con quel suo esordio del 2018 intitolato “Ride”, ma stavolta sembra aver preso ancora più dimestichezza con il mezzo, sfornando un film più solido e ambizioso.


LA TRAMA

Lo spirito di un uomo trascorre serenamente le sue giornate in ospedale senza troppe preoccupazioni, aspettando di uscire dal coma. È ricoverato da un po’ ma quella condizione sembra il modo migliore per vivere la sua vita, al riparo da tutto e da tutti, senza responsabilità e problemi di alcun genere. Si sta davvero bene lì dentro e anche se qualche compagno di reparto si sente intrappolato, per lui ci si può sentire anche liberi come da nessun’altra parte. Quella preziosa routine scorre senza intoppi, fino a quando una nuova persona viene ricoverata nello stesso reparto. È una compagna irrequieta, arrabbiata, non accetta nulla di quella condizione, soprattutto le regole non scritte. Non è disposta ad aspettare, vuole lasciare quel posto migliorando o addirittura peggiorando. Vuole vivere come si deve o morire, come capita a chi finisce lì dentro. Quell’incontro gli servirà ad accettare che se scegli di affrontare veramente il tuo cuore e le tue emozioni, non c’è alcun riparo possibile.


LA RECENSIONE: UNA COMMEDIA AGRODOLCE CHE FA CENTRO

Mastandrea si diverte a giocare con la morte e con la vita, filmando tutto con uno sguardo tenero e innocente. Se la cava molto bene in questo film che oltre a vantare un cast ben assortito (dove svetta tra tutti Laura Morante) riesce ad avere delle belle soluzioni registiche che aiutano alcuni passaggi di trama ad essere più efficaci (il vento della morte, il battello finale che naviga sul Tevere…). Un sapore agrodolce pervade tutta la pellicola, che non urla mai, resta sempre molto tenue e delicata, conservando uno spirito quasi fanciullesco. Il film mette in scena uno spazio a metà, tra il mondo dei vivi e quello dei morti, dove si sta in perenne attesa e dove ci si guarda, mentre si attende il risveglio o l’arrivo di una folata di vento verso il sonno profondo. Aspettando Godot, direbbe qualcuno, dove tutti i personaggi, esattamente come nel testo teatrale di Beckett, sono in perenne attesa e ammazzano il tempo come possono.

Ma qui nella pellicola diretta dall’attore romano in realtà non si attende nulla o forse ci si augura che non arrivi niente, preferendo lo stato di stasi dove si è soltanto anima e dove tutto sembra concesso. Ma come spesso accade a rompere ogni schema ci pensa l’amore che scompagina tutto, restituendo il vero senso finale alla pellicola. Solo grazie al sentimento i personaggi trovano qualcosa per cui vale la pena lottare e il film diventa improvvisamente molto più dinamico.

Mastandrea gioca con l'esistenzialismo senza mai essere noioso o pedante. Filosofeggia con cura e attenzione, provando anche a mettere in scena visioni alternative, più creative e meno banali, andando oltre i classici modelli del cinema italiano. Si parte da una buonissima intuizione di base, da cui poi si prova a raccontare una storia semplice e profonda che sebbene non si accontenta e vuole essere ambiziosa, resta pura e cristallina e di facile comprensione per tutti.



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