Venezia 81, The Room Next Door: l’eutanasia secondo Pedro Almodovar

Venezia 81, The Room Next Door: l’eutanasia secondo Pedro Almodovar

Venezia 81, The Room Next Door: l’eutanasia secondo Pedro Almodovar Photo Credit: Ufficio Stampa Biennale Cinema


È il primo lavoro cinematografico in lingua inglese per il regista spagnolo che torna in concorso alla Mostra del Cinema

Non bisognava scoprirlo a Venezia 81 che Pedro Almodovar fosse un grande cineasta. La sua storia cinematografica parla da sé. Proprio qui a Venezia nel 1988 vinse il premio per la miglior sceneggiatura con il film “Donne sull’orlo di un crisi di nervi" e nel 2019 ci tornò per portare a casa un Leone alla carriera. Oggi torna in concorso alla Mostra del Cinema e, nonostante la fama e la gloria ottenute fino ad oggi, si mette in gioco con la sua prima pellicola in lingua inglese. The room next door, questo il titolo del film che corre per occupare uno dei gradini del palmares, vede nel cast due pezzi da novanta come Tilda Swinton e Julianne Moore.


LA TRAMA IN BREVE

“Per me è come cominciare una nuova era.” ha dichiarato Almodovar in conferenza stampa. “Un film in inglese è stato come fare un film di fantascienza. Serviva la storia giusta e l’ho trovata tra le pagine del romanzo Attraverso la vita di Sigrid Nunez.”

Ingrid e Martha erano care amiche da giovani, quando lavoravano per la stessa rivista. Ingrid è poi diventata una scrittrice di romanzi semi autobiografici mentre Martha è una reporter di guerra e, come spesso accade nella vita, si sono perse di vista. Non si sentono ormai da anni quando si rivedono in una circostanza estrema ma stranamente dolce.


IL COLORE RAFFINATO DELLA SOFFERENZA

Altro che le due blasonate Angelina Jolie e Nicole Kidman. La sfida per portare a casa la Coppa Volpi sembra essersi ridotta a due grandi interpreti come Fernanda Torres (protagonista del film Ainda estou aqui - I’m still here) e Tilda Swinton, protagonista di The room next door. Diretta da Almodovar l’attrice si è superata: glaciale e struggente, potente e delicata, trattenuta ma dirompente. Una maschera di sofferenza, distesa e rassegnata. Un fantasma che aspetta la morte con eleganza e raffinatezza. Il tutto raccontato in modo sublime dal regista spagnolo che la riprende spesso da dietro gli specchi e i vetri, come ad accentuare il senso di evanescenza della vita che lentamente la abbandona. Le tinte cromatiche così vivaci e decise si confermano una cifra stilistica del regista spagnolo che però qui trovano una luce nuova, più poetica e malinconica. Sebbene la pellicola calchi spesso la mano sul dramma e il dolore che opprime i due personaggi, la mano di Almodovar trova sempre qualche stratagemma per asciugare la sofferenza. Una neve poetica colorata di rosa che si posa con delicatezza su New York, per esempio.

Il cineasta si conferma abile nel parlare lo stesso linguaggio della settima arte, costruendo talvolta quelle immagini particolari, in grado di produrre senso in modo autonomo e senza bisogno dei dialoghi o delle parole. La potenza di una semplice porta colorata di rosso che cambia di significato a seconda di come viene inquadrata.

Un film straziante e politico dove la morte è la protagonista, assieme però ad un inno forte e potente alla vita.



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