Venezia, l’affondo della Procura: “Ripetuti i conflitti di interesse del sindaco Brugnaro e dei collaboratori'

Venezia, l’affondo della Procura: “Ripetuti i conflitti di interesse del sindaco Brugnaro e dei collaboratori'

Venezia, l’affondo della Procura: “Ripetuti i conflitti di interesse del sindaco Brugnaro e dei collaboratori'   Photo Credit: Agenzia Fotogramma


22 luglio 2024, ore 18:00

Esemplare la vicenda della tentata vendita dell'area dei Pili all'imprenditore singaporese Ching Chiat Kwong: non "una semplice trattativa", secondo i piemme, ma "un lungo percorso, in cui le parti hanno condiviso e co-deciso pure i dettagli del progetto"

Luigi Brugnaro ha sempre fatto un punto d'onore l'aver affidato a un "blind trust" la gestione delle sue aziende durante l'incarico di Sindaco di Venezia. Per la Procura però, la struttura con diritto statunitense messa in piedi dal patron di Umana non funziona, anzi sono stati riscontrati "ripetuti conflitti d'interesse" del primo cittadino e dei suoi più stretti collaboratori nell'amministrazione.

I piemme

Per i sostituti procuratori Roberto Terzo e Federica Baccaglini, titolari del fascicolo di indagine sulla presunta corruzione in città, i vertici comunali appaiono "scelti tra i più intimi dipendenti delle imprese private, gestite di fatto dal sindaco stesso pur dopo la costituzione di un trust". Una scelta "pubblicamente rivendicata dallo stesso Brugnaro come strumento per migliorare l'efficienza della "macchina"; solo che - osservano i magistrati - ci vorrebbe "una condizione di reale distacco tra l'ambito operativo delle società private e quello dell'ente territoriale" o con "accorgimenti che impediscano in radice ogni commistione". Per i pm "così non è stato, e questo ha avuto sicura rilevanza nelle vicende illecite poi emerse".

L’Area dei Pili

Esemplare, a questo proposito, la vicenda della tentata vendita dell'area dei Pili all'imprenditore singaporese Ching Chiat Kwong: non "una semplice trattativa", annota la Procura, ma "un lungo percorso non portato a conclusione, in cui le parti hanno condiviso e co-deciso pure i dettagli del progetto", poi autorizzato dal Comune. C'era di realizzare "un intervento edilizio mastodontico", inizialmente di 168.000 metri quadri poi 430.000 con alberghi, un palasport prima da 10mila poi da 16mila posti, una casa di riposo, "la cui consistenza - annotano i pm - è stata decisa assieme fin nei dettagli, con la garanzia che il venditore l'avrebbe fatto approvare nella sua veste di amministratore comunale". Nelle casse dell'imprenditore Brugnaro sarebbero arrivati 150 milioni dalla vendita dei terreni, come denaro e come palasport, costruito da Ching e poi dato in dote alla pallacanestro Reyer. Lo stop nella primavera 2018, non fu dovuto alla "desistenza delle parti" ma per la scoperta, da parte di Ching e dei suoi collaboratori - tutti indagati - che il terreno era pesantemente inquinato e "subito dopo il clamore derivato da articoli di stampa che svelavano la trattativa e denunciavano la commistione di interessi nella persona del venditore dei terreni e detentore dei poteri autorizzativi".

Il piano Pums

Fallita l'operazione, Brugnaro non si è fermato e ha dato avvio un anno dopo a un programma alternativo, il piano urbanistico "Pums" che prevedeva due centri di interscambio tra il centro storico di Venezia e la terraferma, uno dei quali ai Pili, con una "cospicua rivalutazione" dei terreni effettuata nel 2020 dalla società proprietaria "Porte di Venezia" - detenuta dal cosiddetto blind trust - da 14 a 70,3 milioni di euro, giustificata da Brugnaro con la presenza dell'area in altri due progetti urbanistici precedenti, che però, a detta dei pm, contenevano solo "una valutazione preliminare e non potevano essere attuati perché restava da fare la bonifica".



Argomenti

  • Brugnaro
  • corruzione
  • Procura
  • Venezia