Verso gli Oscar 2024, American Fiction: contro l'industria culturale degli stereotipi
08 marzo 2024, ore 10:00
Con ben nomination 5 nomination, il film ha finalmente trovato anche una distribuzione italiana su Prime Video
A pochi giorni dalla cerimonia di premiazione degli Oscar 2024, concludiamo il nostro viaggio di approfondimento dei dieci film che hanno ricevuto la candidatura come miglior film. Un modo per conoscere il menù di questa 96esima edizione del premio più prestigioso del cinema. L’ultima pellicola che prendiamo in esame è American Fiction, opera prima di Cord Jefferson e ispirata al romanzo Erasure di Percival Everett. Vincitore del Premio del Pubblico al Toronto Film Festival, il film è disponibile dal 27 febbraio nel catalogo di Prime Video.
LA TRAMA DEL FILM
Thelonious "Monk" Ellison (Jeffrey Wright), è un professore e uno scrittore afroamericano che vive un momento di crisi e frustrazione professionale. L'indifferenza dei suoi studenti mette a dura prova la sua pazienza e gli editori si rifiutano di pubblicare il suo ultimo libro ritenuto "non abbastanza nero" per vendere. Quando Ellison torna a Boston, la sua città natale, partecipa a un festival letterario e si scontra con una realtà che non vuole accettare: autori che si piegano all'opinione pubblica e alle leggi del mercato pur di avere successo. Ma nel momento in cui sua madre si ammala gravemente e il bisogno di guadagnare molti soldi per curarla diventa una priorità, lo scrittore decide di scrivere un romanzo satirico che denuncia l'ipocrisia del mondo editoriale. Il libro viene spedito, sotto pseudonimo, a un importante editore che accetta immediatamente di pubblicarlo facendolo diventare un caso letterario. Ora Thelonious deve fare i conti con il personaggio che ha creato e che tradisce la sua vera identità.
UNO SGUARDO GROTTESCO SUI TEMPI ATTUALI
Una commedia tanto acida e malinconica quanto empatica e rabbiosa. Una scrittura intelligente e ben calibrata, impreziosita da dialoghi spumeggianti e puntuali. American fiction è una critica lucidissima agli stereotipi dell’industria culturale, letteraria e anche cinematografica, portata avanti da un Jeffrey Wright che ha solo la colpa di essere un nero…non abbastanza nero. Si oppone alla cultura Woke e soprattutto alle dinamiche dominanti che a lui però vanno strette e che cercherà fino in fondo di combattere. L’ossessione che spesso affligge la rappresentazione artistica di trasformare il dolore dei neri in oggetto di consumo, producendo un’esperienza di trauma vicario per il pubblico e riattualizzando il coinvolgimento per chi ha vissuto tali eventi.
Una satira che fotografa i tempi attuali con uno sguardo spassoso e talvolta anche melodrammatico. La struttura narrativa è divisa in due: una linea di racconto più grottesca che si diverte a prendere in giro i luoghi comuni sulla rappresentazione afroamericana, e una seconda più intima e seriosa che si focalizza sul dramma della malattia della madre del protagonista. Quest’ultimo aspetto sembra essere l’unico risvolto poco riuscito di una pellicola che riesce comunque a fare centro, regalando un finale degno di nota. Un colpo di genio dove la critica stessa passa dall’essere solo narrativa al diventare meta testuale.
POSSIBILITÀ DI VITTORIA?
American fiction si è imposto a sorpresa, senza che nessuno lo vedesse arrivare. Potrebbe essere la grande sorpresa di questa 96esima edizione dei Premi Oscar anche se non dovesse portare a casa nulla. Salvo colpi di scena, la pellicola ha la strada spianata per potersi aggiudicare solamente la statuetta come miglior sceneggiatura non originale anche se nella categoria la battaglia è serratissima. Nessuna possibilità di vittoria invece nelle altre categorie, soprattutto quella più importante.