Vietati gli allevamenti di salmone in Argentina, è il primo caso al mondo
Vietati gli allevamenti di salmone in Argentina, è il primo caso al mondo
11 luglio 2021, ore 18:00
Approvato all'unanimità un disegno di legge che vieta questa pratica nella Terra del Fuoco, la provincia più a sud del Paese
In Argentina è stata approvata una legge che vieta gli allevamenti di salmone, considerati una minaccia per la sostenibilità ambientale. Gli allevamenti intensivi, oltre che crudeli, hanno un impatto ambientale devastante: al loro interno infatti si concentrano ingenti quantità di rifiuti di plastica, ferro, reti, prodotti chimici, antibiotici e migliaia di altri pesci morti.
Per questo il legislatore della provincia meridionale della Terra del Fuoco in Argentina ha approvato all’unanimità una legge che vieta “tutte le attività di coltivazione e produzione di salmonidi” nelle acque marine e nei laghi del territorio. Obbiettivo del provvedimento è “assicurare la tutela, la conservazione e la salvaguardia delle risorse naturali, genetiche, degli ecosistemi marini e lacustri”.
Impatto ambientale degli allevamenti di salmone nel mondo
Secondo le stime nel 1970 la popolazione di salmoni in fase di riproduzione era di circa 8/10 milioni di esemplari. Oggi ne sarebbero rimasti meno della metà. La pesca intensiva è stata uno dei principali fattori della loro scomparsa. Gli ecologisti parlano di conseguenze gravi in Islanda, Norvegia, Scozia e Irlanda dove i pesci sono tenuti in gabbie a rete aperta che permettono all'acqua di passare liberamente, insieme a virus, pidocchi di mare, batteri, metalli pesanti, spazzatura, disinfettanti e pesticidi. Quattro organizzazioni dei suddetti paesi hanno lanciato una petizione per vietare questo tipo di attività, seguendo l'esempio dello Stato di Washington negli Stati Uniti, dove è già stata approvata una legislazione per eliminare gradualmente le gabbie a rete aperta, di una regione in Norvegia dove è stato bandito di costruirne di nuove ed ora anche della Terra del Fuoco.
Per proteggere il salmone selvaggio dell'Atlantico e la trota di mare da cui dipendono molte comunità costiere e fluviali è necessario fermare questo genere di allevamenti ittici.
Le motivazioni etiche
La maggior parte degli esemplari allevati viene cresciuta in allevamenti ittici in condizioni deplorevoli: ai salmoni viene dato uno spazio in cui muoversi equivalente ad una vasca da bagno, nonostante alcuni esemplari possano arrivare a 75 cm di lunghezza.
I pesci che vivono in spazi sovraffollati sono più sensibili alle malattie ed allo stress, presentando comportamenti aggressivi e lesioni come ferite alle pinne. Oltre all’assenza di spazio personale, il sovraffollamento può portare anche alla scarsa qualità dell’acqua, che a sua volta si traduce in meno ossigeno respirabile per i pesci.
L'allevamento ittico in gabbia impedisce ai pesci di esprimere un comportamento naturale come quello di nuotare. I salmoni sono una specie migratoria che nel proprio habitat percorre distanze lunghissime, mentre in allevamento sono costretti a nuotare in tondo, sfregando continuamente contro la rete e contro i compagni di gabbia.
Oggi più della metà del pesce consumato proviene dall’acquacoltura, prevalentemente dagli allevamenti ittici intensivi industriali. Nel 2015, nel solo continente europeo, circa un miliardo di pesci sono stati allevati in gabbie subacquee.
La situazione in Italia
In Italia, fatta eccezione per quell’inchiesta di qualche mese fa del popolare programma televisivo “Le iene” sull’industria del salmone, che qualcuno avrà sicuramente sensibilizzato, c’è una bassa attenzione nei confronti delle tematiche green in generale, stando ai dati di valutazione dell’impatto ambientale. Il mercato del salmone nel 2017 ha registrato un +8% (Europanel). Nei primi mesi del 2018 si è addirittura assistito ad una crescita del 24% delle esportazioni di salmone norvegese verso l’Italia (l’anno scorso ne sono arrivate quasi 45mila tonnellate). Il salmone è un prodotto principe di un mercato, quello del pesce nel suo insieme, che nel 2017 ha avuto un incremento generale del 5% nel nostro paese. Se non vogliamo porre l’attenzione sull’ambiente, in maniera assai miope poiché la terra ad oggi è l’unico pianeta in grado di ospitarci, occupiamoci quanto meno della nostra salute. Siamo sicuri che introdurre nel nostro corpo ogni giorno batteri, residui di antibiotici, pesticidi e sostanze chimiche non possa avere a lungo andare effetti negativi sul nostro benessere? Ricordiamoci che fare la spesa è un atto politico: non gettiamo nel carrello frettolosamente ed alla rinfusa i primi prodotti che sollecitano la nostra vista ed il nostro palato, senza soffermarci sulle loro caratteristiche e sulla loro filiera. Prima di fare qualunque acquisto, meditiamo sulla sua necessità e soprattutto sulla sua qualità.