Walter Zenga compie oggi sessant’anni: storia di un grande portiere con una storia intensa anche fuori dal campo
Walter Zenga compie oggi sessant’anni: storia di un grande portiere con una storia intensa anche fuori dal campo
28 aprile 2020, ore 10:00
Il 28 aprile 1960 nasceva a Milano quello che per anni è stato considerato il portiere più forte del mondo; bandiera dell’Inter, ha pagato caro un errore con la Nazionale a Italia 90; vita turbolenta e mai banale: tre mogli, cinque figli, ha lavorato anche in TV; ora fa l’allenatore giramondo, con il sogno di tornare in nerazzurro
L’Uomo Ragno
“Hanno ucciso l’Uomo Ragno, chi sia stato non si sa. Forse quelli della mala, forse la pubblicità. Hanno ucciso l’Uomo Ragno, non si sa neanche il perché…”. E’ il 1992, Arrigo Sacchi – appena nominato Commissario Tecnico della Nazionale- decide di escludere dall’Italia il trentaduenne Walter Zenga. E la canzone di Max Pezzali e degli 883, uscita proprio quell’anno, diventa la colonna sonora del ricambio generazionale nella porta azzurra. Zenga è chiamato l’Uomo Ragno perché sa volare da un palo all’altro della porta. A partire dalla metà degli Anni Ottanta viene considerato il miglior portiere in circolazione. Non soltanto in Italia, ma anche a livello internazionale. Nel 1989 viene premiato come “miglior portiere al mondo”. Ha reattività, esplosività, istinto, senso della posizione. Un vero idolo per i ragazzini che in quegli anni iniziano a giocare tra i pali.
Interista da sempre
Walter Zenga nasce a Milano, nella zona di viale Ungheria; siamo in periferia, lontano dall’eleganza e dalla ricchezza del centro. Da bambino sboccia la passione per il calcio, una passione nerazzurra. Da adolescente Walter diventa un tifoso della curva Nord; da ragazzino, quando affiorano le sue doti da portiere, approda alle giovanili dell’Inter; si fa apprezzare in campo, ma anche fuori: il ragazzo è sveglio e ha voglia di fare, a 17 anni all’attività agonistica con la squadra Primavera associa anche il ruolo di factotum in sede: smista la posta, fa fotocopie, serve caffè e cappuccini negli uffici. Diventato maggiorenne l’Inter lo spedisce in provincia per farsi le ossa: Salernitana, Savona, poi Sambenedettese, dove lo svezza Nedo Sonetti. Nel 1982 Zenga corona il suo sogno: torna all’Inter per diventare il portiere titolare della sua squadra del cuore. Dodici stagioni in cui para tanto e in modo spettacolare, vincendo qualcosa ma non tanto: uno scudetto (quello del 1989, era l’Inter dei record con Trapattoni in panchina e i tedeschi in campo), due Coppe Uefa e una Supercoppa Italiana. Prima di smettere Zenga gioca anche nella Sampdoria, nel Padova e negli Stati Uniti, con il New England Revolution.
Notti magiche, ma non troppo
C’è un uomo solo nel rapporto tra Walter Zenga e le rappresentative nazionali: è Azeglio Vicini, che nel 1984 lo convoca nella sua nazionale Under 21 ( che arriverà seconda all’Europeo di categoria); poi nel 1986, promosso in Nazionale Maggiore, lo piazza tra i pali azzurri. Nel 1990 si disputano i Mondiali in Italia: gli azzurri giocano bene, divertono, vincono; Totò Schillaci segna sempre, Zenga non subisce mai gol: per 517 minuti la sua porta rimane inviolata ( è un record ancora attivo ai mondiali ), poi però in semifinale a Napoli una sua uscita sbagliata favorisce il gol di Caniggia: l’Argentina pareggia, poi vincerà ai rigori, negando il sogno mondiale a un paese intero.
Non solo portiere
La vita di Walter Zenga non si limita al campo. Quando ancora gioca nell’Inter, si cimenta nella conduzione di un programma televisivo dedicato al calcio: Forza Italia, con lui ci sono anche due giovani che faranno strada, Fabio Fazio e Cristina Parodi. Nel 2000 partecipa al programma “C’è posta per te” di Maria De Filippi. Si cimenta con successo anche nel ruolo di commentatore tecnico durante le telecronache di partite trasmesse dalla Rai. Incide un disco e pubblica tre libri. Turbolenta la vita privata: Zenga ha cinque figli da tre mogli diverse. Ora fa l’allenatore giramondo: Serbia, Inghilterra, Turchia, Arabia Saudita, Emirati; i maggiori successi all’estero, soprattutto in Romania. In Italia lo ricordiamo con alterne fortune sulle panchine di Catania, Palermo, Sampdoria, Crotone, Venezia. Ora è al Cagliari, appena arrivato è stato tenuto in stand by dal coronavirus. Il suo sogno è tornare all’Inter. Da allenatore